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RICARDO DIAS GOMES, Aa

RICARDO DIAS GOMES, Aa

Ricardo Dias Gomes, brasiliano ora di stanza a Lisbona, è un polistrumentista che nei Duemila ha suonato il basso con Caetano Veloso.

Aa è il suo secondo disco da solo, piuttosto introspettivo e raccolto, ma sempre diverso quanto a incastri di generi: è questo equilibrio tra omogeneità ed eterogeneità a essere il suo pregio maggiore e anche la cosa più difficile da descrivere a uno che non l’ha ascoltato, infatti non so bene come Ricardo abbia fatto, con ogni probabilità perché ho un background troppo diverso dal suo.

Si comincia con una combinazione scabra di basso (il perno di quasi tutti i pezzi), beat, effetti e forse anche un synth: potrebbero trattarsi degli Autechre se non fosse per lo spoken word in portoghese. Il secondo pezzo prosegue lungo il solco elettronico del primo (Autechre di nuovo, ma non solo), poi c’è il frangente più pop di “Fogo Chama” (ospite Arto Lindsay, che inietta del rumore nel corpo fragile del brano), a cui segue “Paranormal”, che ha un giro di basso identico a quello di “Fascination Street” dei Cure. Gli ultimi 5-6 minuti, per un totale di tre tracce, tornano sostanzialmente alle atmosfere intimiste di “Fogo Chama” (persino con interventi “rumoristi”), tra chitarra acustica e un ovattato piano elettrico.

È come se Ricardo Dias Gomes volesse espandere il raggio della musica popolare del suo Paese, senza buttar via la tradizione (che contempla tristezza e nostalgia come la felicità) ma innestandoci elementi che non le appartengono, magari elettronici e più cupi, magari legati al basso e al suo utilizzo in altri generi. Aa lascia chi ascolta con la curiosità di scoprire in futuro se ci si trova davanti a un genio o a Frankenstein… di sicuro, comunque, a uno che si mette in gioco e che dunque ha tutta la mia ammirazione.