Paolino Canzoneri: istantanee di sogni

Siciliano, siracusano di nascita, giornalista di professione e musicista ormai da abbastanza, considerando il suo esordio nel 2010 con l’album Multiverso. In questi anni la sua produzione si è sempre più costellata di piccole opere artigianali che si stagliano su di un cielo ombroso. Ma, avvicinandosi, ci si accorge di quanto sia di cesello il lavoro di Paolino nel prepararci questi viaggi intimi e universali. In concomitanza con l’uscita dei suoi La Stanza Della Musica e Pittura Liquida E Gocce Di Lacrime decidiamo quindi di svelare storia e presente della sua persona e del musicista.

Le informazioni raccolte su di te ti raccontano come giornalista, siciliano, classe 1966. Il tuo esordio, Multiverso, data 2010, quindi facciamo quindici anni tondi di attività musicale. Personalmente ti conosco e seguo da poco tempo ma i tuoi dischi mi toccano, mettendomi in difficoltà nel cercare di descriverli senza consumarli. La tua espressione mi sembra più quella di uno svelatore che di un musicista, colui che ci fa vedere con atri occhi, mondi. Come nasce in te la necessità di esprimerti col suono e qual è il tuo intento? 

Paolino Canzoneri: Innanzitutto ringrazio te e la webzine musicale The New Noise per questa chiacchierata graditissima.
Qualche anno prima del 2010 il mio approccio musicale era prettamente sperimentale, in forme di elettronica estrema e claustrofobica, spesso atonale, di ispirazione mitteleuropea. Ricordo che mi procuravo strumenti elettronici di ogni tipo, magari finalizzati per generi musicali come IDM, Techno etc. e li collegavo tra loro alla ricerca di suoni pacati, melodici, ma anche stridenti e folli ai limiti della sopportazione. In quel periodo la scena musicale palermitana alternativa underground seguiva questa direzione: elettronica di ogni tipo che includeva noise, industrial etc. e quindi mi trovavo inserito in un contesto coerente per quei tempi. L’album a cui ti riferivi, Multiverso, lo considero il risultato riassuntivo di quel periodo e mi ci sento ancora oggi molto legato ma avvertivo la necessità di un cambiamento e di una maturazione musicale più concreta e profonda. Decisi allora che era giunto il momento di chiudere quella fase archiviando tutto il materiale musicale pubblicato. Serviva quindi organizzarsi e raggruppare tutte quelle registrazioni per riproporle nuovamente, ma in formato esclusivamente digitale e solo dopo un accurato nuovo mastering. Questo lavoro complesso lo affidai a Nicola Manzan (conosciuto in occasione di un articolo-intervista che scrissi per un giornale), con cui nacque una amicizia e con cui rimasi in contatto negli anni. Tutto quel materiale è oggi reperibile in una pagina apposita ed esclusiva sulla piattaforma Bandcamp.

Da dove arrivi artisticamente e che tipo di diete e consumazioni ti hanno portato ad una forma come quella tua attuale? In te trovo una vicinanza all’antichità, alla terra ed alla cultura senza che nulla di quanto tu emetta sembri tradizionale, né sterile come molta musica ambientale in questi anni.

Come ti dicevo, sentivo il bisogno di una evoluzione artistica interiore; volevo scoprire quali fossero le sonorità adatte per creare una linea diretta più intimista e nel contempo creare delle connessioni profonde, interiori e spirituali che in qualche modo riuscissero a pormi in uno stato onirico, di incanto, di sogni ad occhi aperti. Riuscire quindi in una impresa cosi complessa richiedeva necessariamente una conoscenza abbastanza ampia di musica che avesse queste prerogative e che in qualche modo entrasse in una simbiosi perfetta con la mia sensibilità in perfetta sintonia e armonia con le mie percezioni soggettive. Tutto questo lo potevo sentire e creare con una musicalità ambient che trascendesse dalla “tradizionale colonna sonora d’atmosfera di ambienti e panorami” ma che fosse ispirata da implicazioni e particolari stati psicologici, intimi, spesso dolorosi, inquieti e ossessivi; in me stesso esiste una lieve implicazione con questi stati d’animo e quindi mi trovo ancora una volta coerente in questo percorso di stravolgimento di alcuni elementi canonici del genere musicale. 

Qual è il tuo metodo di composizione? Cosa ti smuove e con che tipo di strumentazione cerchi di raggiungere la quadratura di un disco? 

Sistemi di sintesi modulare Eurorack e sintetizzatori vari diventano fondamentali se lo scopo è quello di sperimentare e trovare suoni analogici il più possibile non convenzionali; talvolta ancora di più se uniti a suoni virtuali digitali che aprono praticamente praterie immense; ma l’elemento più importante resta sempre ciò che si sente e si percepisce durante l’ascolto di una registrazione che, come detto, deve correre diretta al cuore e suscitare emozioni, ricordi e sensazioni di ogni tipo. Grande e immenso valore hanno i field recordings che, a seconda del tema del brano, hanno l’enorme potere di stimolare scenari immaginari che conducono l’ascoltatore verso una esperienza soggettiva. 

Cosa si muove in Sicilia, musicalmente parlando? Ci sono connessioni con altri artisti del tuo ambito e scene locali in questo senso? 

Questo genere musicale non credo rappresenti un punto di forza e di coesione tra artisti in quest’isola, così come nel resto della penisola. Sicuramente gode di un grande pubblico ma rigorosamente di nicchia e si discosta molto dai generi musicali che creano comunanze e condivisioni a livello giovanile. Resta però un elemento di discussione sui gruppi social a tema, ma io da autentico orso, da qualche anno, tendo a mantenere un profilo defilato e uso i social prevalentemente come vetrina per i miei lavori, che generalmente vengono pubblicati dalle migliori etichette indipendenti specializzate per questi percorsi musicali; per l’ultimo album sono stato accolto nuovamente da Lontano Series / Rohs!, gestita dall’artista Andrea Porcu che ne ha curato egregiamente il mastering finale.

I tuoi dischi nascono come progetti teorici od immagini che poi riempi di suono oppure registri abitualmente unendo in secondo luogo composizioni diverse?

Di solito, come fosse una lista per la spesa, per le primissime registrazioni, pianifico un elenco di strumenti e combinazioni da impiegare, poi altri brani si uniscono e vengono fuori delle registrazioni adatte a stare insieme e inserite in un eventuale album della durata entro la quarantina di minuti; ho scelto questo timing perché sono convinto che in una durata eccessiva si può insinuare il rischio di una distrazione e la conseguente interruzione dell’ascolto; questi album sono dei viaggi musicali che vanno percorsi dall’inizio alla fine.

Con questi due ultimi album, La Stanza Della Musica e Pittura Liquida E Gocce Di Lacrime, racconti molto con i titoli ma poi crei dei viaggi al loro interno che sembrano trascenderne la cornice. Credi che nella musica ambientale o sperimentale il contestualizzare la propria opera sia fondamentale per vivere il medesimo viaggio?

L’album La Stanza Della Musica è una colonna sonora immaginaria ispirata da una foto antica di una cartolina risalente al 1938 di una stanza collegiale dove si tenevano lezioni o esibizioni musicali. Quell’immagine è stata l’assoluta fonte ispiratrice dell’intero album; quel colore sbiadito di foto antica e quella sensazione di vuoto e inquietudine mi hanno condotto verso la scrittura di quest’album. Pittura Liquida E Gocce Di Lacrime, invece, racconta musicalmente conflitti e guerre interiori che nella vita abbiamo tutti indistintamente; sofferenze che emergono come colori sbiaditi di una pittura che il tempo tende a privare della purezza e brillantezza. Un’ipotetica tela che ritrae ognuno in una fase della propria esistenza. 

La tua musica sembra perennemente fuori dal tempo e lontana dal poter o dover essere in qualche modo attuale. Gli artwork dei tuoi lavori poi amplificano questi rimandi ad altri tempi… se potessi ricollocarti temporalmente in un’altra era artistica e musicale quale sarebbe e perché?

Ho sempre considerato le copertine dei miei album come “istantanee di sogni trascorsi in un tempo remoto”, e in effetti subisco molto il fascino di ciò che è stato, sentire e respirare luoghi che non ci sono più, magari per raccontarli musicalmente a distanza di tempo.

Le gocce di lacrime nel titolo del tuo ultimo album mi portano all’idea della commozione. Musicalmente parlando quale musica ti porta ad infrangere questa barriera emotiva, se ne esiste?

La musica più cara a cui siamo più legati è sempre quella in grado di trainare ricordi, sensazioni e rimpianti; diventa vera e propria colonna sonora di particolari episodi o momenti della vita che riemergono anche dopo pochi secondi di ascolto e questo enorme potere rende merito al compositore che a sua volta, senza volerlo, ha musicato parti e spazi di vite che non gli appartengono;  mi piacerebbe tanto avere un talento simile.

A cosa stai lavorando al momento? Quali sono i tuoi progetti futuri?

Tra i progetti in cantiere c’è anche un album nuovo che vorrei suonare dal vivo in una unica speciale occasione e pubblicarne la registrazione fedele senza ulteriori editing o lavori di post-produzione. So già che non sarà una impresa facile ma l’idea mi intriga parecchio.