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ONE DAY IN FUKUSHIMA, Permanence

Recuperiamo una delle uscite arrivate sullo scadere dello scorso anno, Permanence dei One Day In Fukushima, ovverosia dieci minuti di furia all’insegna del grindcore con più di qualche deviazione sulla via del death: una serie di pugni veloci dritti allo stomaco nella migliore tradizione del genere e capaci di colpire duro anche l’ascoltatore più avvezzo a simili pietanze. Nulla di nuovo sotto il sole, ma gestito con il giusto dosaggio di ingredienti e soprattutto senza che la violenza si trasformi in caciara: al contrario gli strumenti restano sempre ben distinguibili così da donare maggiore profondità all’insieme e lasciar cogliere ogni sfumatura dei brani. Merito anche della scelta dei suoni e della registrazione, che donano un piglio chirurgico alla proposta della band in giro dal 2014 e con una nutrita discografia all’attivo. Da sottolineare la presenza alla batteria di Francesco “Ciccio” Paladino, entrato in squadra ai tempi dello split con gli Aftersundown e già ascoltato all’opera con Consumer e Buiomega, un musicista tanto potente quanto capace di donare dinamiche e varietà ai suoi colpi, questo senza nulla togliere ai due membri storici Fabrizio e Vincenzo, che sembrano aver saputo sfruttare l’innesto del nuovo membro per calibrare in modo differente gli ingredienti della miscela senza diminuirne la forza d’urto. Il finale affidato a Francesco Del Vecchio (già chitarrista della band fino al 2016) tratteggia con una breve traccia ambient scenari post-apocalittici perfetti per i titoli di coda. Con queste premesse, i One Day In Fukushima, oltre a confermare quanto di positivo già dimostrato in passato, ci offrono un antipasto che aumenta la curiosità per il prossimo futuro.