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LUCIO MIELE, Kalpa

Percussionista di formazione classica con una marcata propensione per la sperimentazione e la commistione di linguaggi eterogenei, Lucio Miele ha al suo attivo una nutrita serie di collaborazioni con orchestre, ensemble di musica da camera e formazioni jazz. Kalpa, prima pubblicazione a sua firma esclusiva, ci offre un’ampia panoramica del suo caleidoscopico universo sonoro, generato da questo incrocio fertile tra percorso accademico e attività musicale in ambiti differenti e sfaccettati.

Coadiuvato in cabina di regia da Anacleto Vitolo, a cui è affidata parte della componente sintetica, e con la partecipazione di Simona Fredella, voce narrante in tre delle sei tracce, Miele disegna un immaginario sonoro trasversale in cui trovano posto echi delle avanguardie del Novecento, attitudine jazzistica all’improvvisazione e un utilizzo sapiente dell’elettronica. L’insieme di queste istanze si cristallizza in una serie di itinerari ibridi, volti a dare consistenza aurale alle emozioni da cui ogni singolo capitolo scaturisce.

È soprattutto l’approccio alla materia sonora a fungere da fil rouge tra le composizioni. Seguendo la suggestione dettata dal titolo del lavoro, possiamo immaginare ciascun capitolo come frazione di un unico ciclo caratterizzato da un costante cambiamento. A traiettorie percussive profondamente materiche, che procedono tra stridori e fruscii simulando l’inquieto soffiare del signore delle tempeste (“Enlil”) o processi cosmici di quieta disgregazione (“Pralaya (Si Dolce Il Tormento)”), succedono combinazioni teatrali di tessiture elettroacustiche e testi che si infrangono su saturazioni noise tendenti al rumore bianco (“Kali Yuga”, “Apsù E Tiamat”). In “Mbombo” (apice del lavoro per chi scrive) questo incessante succedersi di diverse componenti si ritrova condensato all’interno di un’unica entità. Vorticosa e magnetica è la sequenza di destrutturazioni ritmiche dai rimandi autechriani, sospensioni atmosferiche finemente modulate e inattese divagazioni pianistiche imperniate sulla dissonanza.

È quindi soprattutto l’essenza composita, la capacità di integrare elementi eterogenei all’interno di una drammaturgia coerente ed efficace a caratterizzare questo esordio parziale, biglietto da visita di un artista di indubbio talento, del quale certamente sentiremo parlare a lungo.