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IPEK GORGUN, Ecce Homo

Ecce Homo

Dopo aver preso parte alla Red Bull Music Academy del 2014 e una volta dato alle stampe l’autoprodotto Aphelion (2016, poi ristampato da Touch), lo scorso anno la musicista e fotografa turca Ipek Gorgun ha collaborato con Ceramic TL, meglio noto come Egyptrixx, alimentando l’elettronica in alta definizione del canadese con un appropriato lavoro di sound-design: il risultato si apprezza nelle otto tracce che compongono Perfect Lung, un disco che, a partire dall’ironia pungente e amara del titolo, affronta temi contemporanei nell’ambito di narrazioni oramai consolidate, che vanno dalla dark ecology alle distopie bene introiettate dalla produzione culturale di questi anni.

Oggi la Gorgun, intenta ad ultimare il dottorato in Sonic Arts presso l’Istanbul Technical University’s Center, sposta l’asse concettuale verso un quesito parallelo – ma questa volta di estrazione ontologica, diremmo – alla riflessione eco-politica manifestata in Perfect Lung. Con Ecce Homo, edito ancora da Touch, Gorgun interroga sé stessa sui diversi aspetti della psiche, sul comportamento dell’Uomo e sulla sua esistenza, facendo leva sulla tendenza umana a oscillare tra bellezza e distruzione, progresso e declino, Bene e Male. È questo l’universo concettuale che innerva l’intero Ecce Homo e lo rende spiazzante, vagante, sospeso tra abrasioni avvelenate (“Afterburner”, “Tserin Dopchut”, “Knightscope K5”), illusorie stasi ambientali piene d’inquietudine (“Neroli”, “Seneca”) e registrazioni trasfigurate (il cinguettio sotto aggressione nel doppio atto di “Le Sacre” oppure l’audio-meme di “Bohemian Grove”, che distorce la voce del complottista Alex Jones). Menzione a parte va fatta per la conclusiva “To Cross Great Rivers”, un drone che congiunge e disgiunge le sue componenti; ma anche, nelle parole dell’autrice confidate alla rivista Fact, un’ode all’infinito sogno umano di controllare, capire il mondo e agirvi dentro.

Ora astratto come un esperimento di musica concreta, ora definito al dettaglio, traslucido quasi fosse una variazione sul tema dell’elettronica high-tech dei giorni nostri, Ecce Homo è un album dispersivo e disorientante, tanto che sarebbe lecito intravedere in Ipek Gorgun, e in questo suo ultimo parto, un’eccessiva incertezza tra i vari poli su illustrati. Di certo, che sia o meno un punto a favore, non è il solito disco marchiato Touch.