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SADIST, Spellbound

SADIST, Spellbound

Ottavo album per i Sadist, Spellbound arriva tre anni dopo Hyaena, un periodo di tempo necessario alla band ligure per ridisegnare con colori scuri quel crocevia tra il suo death metal molto originale e il progressive più cinematografico. Ed è proprio la celluloide a essere protagonista dei testi scritti da Trevor: nello specifico Spellbound vuole omaggiare Alfred Hitchcock, maestro del brivido, e questo le riesce anche dal punto di vista musicale, anzi… in questa seconda situazione le suggestioni orrorifiche rappresentano in modo perfetto l’immaginario del regista inglese, come succede nella canzone che dà il titolo all’album, che si apre con un fraseggio greve di pianoforte e un basso che ha familiarità con i Goblin più lisergici. Stesso discorso anche in “The Birds”: sarà forse il pezzo più scolastico del lotto, ma si apre con un ritornello che ricorda davvero la pellicola del buon caro vecchio Alfred. Nonostante Spellbound abbia questo aspetto atmosferico, si direbbe l’album più violento e aggressivo dai tempi di Crust (1997): la voce di Trevor alterna growl profondissimi a scream ben modulate, anche su frequenze di rado usate dal cantante genovese, ne è esempio la funambolica e cangiante “Stage Fright”. Come sempre gli arrangiamenti della sezione ritmica Andy & Alessio hanno un sapore di scuola jazz, mentre le note magistrali che si susseguono ininterrotte sui tasti d’avorio di Tommy Talamanca (produttore del disco ai Nadir Studios, come da tradizione) riescono ancora a stupire l’ascoltatore più navigato, con soluzioni a volte semplici, ma – scavando in profondità – complesse per come sono state concepite.

Un disco che cresce con gli ascolti, frutto di una ricerca sugli arrangiamenti quasi maniacale, come nella “radiofonica” “Bloody Bates”: qui, in poco più di tre minuti, i Sadist mettono assieme grindcore, prog, thrash e death metal con gusto e passione. “Notorius”, uno dei due strumentali insieme a “Downhill”, è qualcosa di magicamente prog, tanto che si avvicina ai Porcupine Tree più sognanti. L’esperienza e la grande classe compositiva, unite a una personalità spiccata, sono le basi per fare un album come Spellbound, che sorprende per genuinità, freschezza compositiva ed idee. Un album creato con la passione per un genere che di sicuro godrà di ottima salute fino a quando i Sadist esisteranno.