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OBSIDIAN KINGDOM, A Year With No Summer

OBSIDIAN KINGDOM, A Year With No Summer

Abbiamo già presentato gli Obsidian Kingdom come una delle realtà più interessanti e davvero con personalità dell’attuale panorama europeo, un’autentica boccata d’aria fresca. Se Mantiis li ha imposti all’attenzione grazie a un mix di avanguardia metal e interferenze con altri mondi (dal rock all’ambient), il nuovo A Year With No Summer stravolge le regole del gioco e li vede lanciati verso una mutazione sonora ancor più marcata. Una miscela che affonda le sue radici in un rock dal forte taglio sperimentale su cui va a innestarsi una robusta dose di elettronica, utilizzata con una padronanza e una sicurezza da far tremare molti colleghi ben più rodati, mai banale quanto a suoni e interazione tra i singoli elementi. La voce, questa volta sempre in chiaro, aggiunge calore e profondità al tutto e trasporta l’ascoltatore all’interno di un’atmosfera meno tetra, ma non per questo meno inquietante di quella respirata nell’acclamato predecessore, un album autoprodotto pubblicato dalla formazione di Barcellona su Bandcamp eppure in grado di raggiungere un’esposizione tale da attirare l’interesse della stessa Season Of Mist.

Con A Year With No Summer si ripete quell’indovinato connubio tra musica, testi e artwork che ormai caratterizza gli Obsidian Kingdom: ci si immerge in un mood straniante che non disdegna di tirare in ballo nomi ingombranti delle scene prog, psichedelica e avantgarde metal, chiamata in causa anche dalla presenza di Garm e Attila come ospiti di rilievo. Del resto, chi ha amato il percorso di nomi come gli stessi Ulver o i Manes non potrà non ritrovare nelle sette tracce qui presenti l’identico spirito coraggioso e pionieristico, così come la capacità di spostarsi verso territori altri senza lanciarsi in operazioni raffazzonate o affidate al caso. Il già citato utilizzo di una forte componente elettronica gestita in modo efficace e mai coprente offre un umore peculiare al nuovo corso della band, meno vicino all’idea tradizionale di metal eppure non per questo meno incisivo, quanto più propenso ad agire nell’ombra sotto le mentite spoglie di composizioni sinuose e seducenti. Perfetto esempio di quanto detto finora è la lunga “The Kandinsky Group”, dieci minuti in cui gli Obsidian Kingdom riescono a dare piena dimostrazione del proprio immaginario sonoro in cui luci e ombre, delicatezza e potenza si intersecano per dare vita ad un crescendo cui appare davvero difficile resistere. Una conferma sotto forma di nuova sfida, in piena sintonia con la tradizione dei suoi autori. A dir poco consigliati.