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MAKHNO, Silo Thinking

Silo Thinking

Arriviamo drammaticamente ultimi, ma in certi casi arrivare è già un buon risultato. Paolo Cantù è stato nei Tasaday, negli Afterhours, nei Six Minute War Madness, negli A Short Apnea e negli Uncode Duello. Ora, dopo anni, il primo progetto solista, che deve il proprio nome a Nestor Makhno, anarchico ucraino perseguitato dai reazionari e dai comunisti contemporaneamente. Ribelle odiato da tutti, insomma (agli anarchici succede sempre, vedi Rivoluzione Spagnola), un po’ come il generale Custer, che detestavo fino a oggi, ma che quasi mi vien da rivalutare nel vederlo lottare da spacciato nell’ultimo pezzo del disco (strano che non ci abbiano mai pensato i Death In June), reso capolavoro dalla voce dei Six Minute War Madness, un ubriaco Federico Ciappini (dammi due pistole Paolo! Dammi due pistole! Che voglio morire!).

Dal punto di vista musicale Silo Thinking prende le mosse dalle origini di Cantù: industrial, post-punk, no wave, noise rock. Su queste basi cammina (e non poco di frequente corre) dritto un sound volutamente ripetitivo, cartavetroso e devoto al clangore: una bomba sporca che lascia sfigurati ma vivi.

È un paragone provocatorio, e tra l’altro non s’incontreranno mai: se nella sua carriera volesse deragliare e buttarla in rissa, oggi farebbe uno squadrone assieme a gente del giro Riot Season come Hey Colossus, Todd e perfino Shit & Shine. Nel suo caso, però, c’è anche un aspetto testuale da non trascurare mentre si prosegue scalzi sui cocci del sound: sono molto interessanti, infatti, le registrazioni che sostituiscono ipotetici vocalist e raccontano storie di irregolari di ogni epoca e latitudine, così da svolgere uno dei compiti un po’ accantonati di certa sperimentazione: far riflettere non solamente sulla musica.

Ascoltatevelo e procuratevelo.