JAMES WELBURN, Sleeper In The Void

Era il 2015 quando ho parlato dell’esordio solista di Welburn, Hold, intervistandolo. Il suo basso e una batteria, e Ableton per le atmosfere e l’assemblaggio: questi sembrano di nuovo i suoi attrezzi. Swans, Godflesh ma quelli ripensati da Ben Frost: questo pare un modo buono di descriverlo. In questo disco lo aiuta più volte il batterista killer Tomas Järmyr (lo abbiamo visto persino con gli Zu, quando Battaglia se ne era andato), con cui ha in piedi anche il progetto Barchan, oltre che Juliana Venter, con la quale aveva realizzato un lp di mezzora nel 2018.

“Raze” è un’introduzione tesissima che non esplode mai, “Falling From Time” il pezzo industrial techno che vorrei sentire in qualche club, la title-track un intervallo molto atmosferico durante il quale James dialoga una seconda volta con Tomas, “In And Out Of Blue” – con alla voce Juliana e un basso che assomiglia di più a una chitarra – potrebbe essere uscito da Antichrist Superstar (Marilyn Manson), “Parallel” (a quattro mani con Hilde Marie Holsen) è dark ambient superiore, infine “Fast Moon” è un riuscitissimo apocrifo reznoriano, ospite sempre Juliana alla voce.

Se uno si fermasse a questa recensione, potrebbe pensare a “Sleeper In The Void” come a un qualcosa di disunito ed eterogeneo, invece è tutto come la copertina: il soggetto è uno (un’autostrada che finisce in un’altra dimensione) e il colore, volendo, è uno, solo che esiste in moltissime gradazioni. Speriamo non debbano passare altri sei anni per il terzo disco e occhio, perché a fine anno ce ne ricorderemo.