I CANI, Post Mortem
Intrecciata inizialmente alla storia del Circolo degli Artisti, venue romana da anni chiusa per notevoli problematiche ambientali (ma che sembrerebbe in procinto di riaprire dopo l’ultima bonifica) la storia di Niccolò Contessa (Roma, 1986) alias I Cani è ormai lunga e frastagliata, con collaborazioni infinite, colonne sonore etc, ma con questo album, Post Mortem (42 Records), uscito a sorpresa il 10 aprile, non si può che riconoscere quanta strada abbia fatto dall’esordio nel 2010, un’evoluzione evidente soprattutto nel suono ora sempre più elettrico, sostenuto da ritmiche giocate per lo più da nervosi up-tempo e necessario corollario ai testi per un album di cantautorato nichilista, ironico e contemporaneo, cosa da noi piuttosto rara: poche le eccezioni, quali il milanese Giuseppe Peveri/Dente o il napoletano Giovanni Truppi.
Subito dall’incipit “Io” (“chi mi sputa nel piatto… chi mi giudica sempre, chi mi aveva ingannato… chi mi ha prostituito… io io io”), il black dog di Nick Drake, il cagnaccio della depressione è lì che morde cattivo, poi i pezzi si susseguono espliciti già in titoli come “Buco Nero” (“non si piange ai matrimoni, non si ride ai funerali, non si complica la vita alla gente coi tuoi problemi immaginari”), “Colpo Di Tosse” (“un anno di noia una spina nel fianco ed una nel cuore”), “Davos”, “Colpevole”, il cuore pulsante dell’album “Nella Parte Del Mondo In Cui Sono Nato” (… “tutto è già stato fatto, tutto è già stato detto, tutto è corrotto tutto è sbagliato, l’erba si compra su Instagram ad Amsterdam, Rotterdam”), la strumentale cinematica title-track “Post Mortem”, “Felice” (ma magari!), l’amore nerissimo di “Carbone” (“ma perché due sconosciuti continuano a chiamarsi amore”) o ancora “Buio” (“C’è poca luce nel mondo, c’è poco amore nel mondo”), la chiusura naufraga in “Un’altra Onda” (“con il sale che brucia il naso e la bocca per un attimo ti abbandonerai”). I Cani si emancipano dal dichiarato amore giovanile per Father John Misty, ma soprattutto dall’invadente presenza dei fantasmi dell’ultima produzione di Battisti, di Battiato, dei Baustelle, mentre non sembra, per fortuna, accantonata un’altra influenza, cioè quella del Tom Waits più irregolare, periodo Swordfishtrombone. Dunque una musica non pacificata, 13 pezzi per un diario sonoro introspettivo, inquieto. Se evidentemente Post Mortem non sarà l’italico disco dell’estate, per tutte le altre stagioni funziona già alla grande.
P.S.: i dialoghi in russo inseriti nei brani “Io” e “Felice” sono tratti da alcune sequenze di “Stalker (La Zona)”, film capolavoro girato nel 1979 da Andrej Tarkowskij, citazione impegnativa ma, come dire, consona alla pugna.
Tracklist
Io
Buco Nero
Colpo Di Tosse
Davos
Colpevole
F. C. F. T.
Post Mortem
Felice
Nella Parte Del Mondo In Cui Sono Nato
Madre
Carbone
Buio
Un’Altra Onda