JACOB KIRKEGAARD, Snowblind
È la californiana Helen Scarsdale Agency a pubblicare Snowblind, album firmato dal sound artist e compositore danese Jacob Kirkegaard e almeno per ora ultimo di una corposa discografia, curata – tra le altre – anche da etichette prestigiose come l’americana Important Records e la giapponese mAtter.
Snowblind (termine inglese che qui va inteso nel suo significato letterale, non in quello gergale) è ispirato a un fallito tentativo condotto da alcuni esploratori del XIX secolo di raggiungere a bordo di una mongolfiera il Polo Nord.
L’avventura – destinata ovviamente a concludersi male – è il principio da cui parte Kirkegaard per tracciare una raggelante rappresentazione dell’inevitabilità della tragedia, a cominciare dalla sinistra “Ascend”, una tempesta di rumore bianco manipolato nel più tradizionale dei modi, dagli esiti in verità un po’ didascalici. Il sopito clangore di “Drift” e la pulsazione cyber di “Astray” suggeriscono visioni di cieli sconvolti, tenebre e gelo. La chitarra, le cui paurose incursioni si avvicinano alla lezione di Fripp, dilania il crudele incedere di elementi dark-ambient che divengono prossimi al post-industrial nelle atmosfere asfissianti di “Barren”, nelle trame di field recordings sferzate da lacerazioni elettroniche (“Scavenge”) o nel frinire microbico e disturbante di “Animal”.
Tracce brevi, a volte fulminee, istantanee sonore che paiono descrivere cunicoli, gallerie, zone colme di oscurità che conducono ad ampie sale gelide (“Nyctophobia”) fino alla disperata conclusione di “Perish”.
“Volevo creare un album gelido e ostile, senza alcuna possibilità di fuga, senza calore né un epilogo rassicurante”. Così scrive Kirkegaard e certamente Snowblind non disattende in alcun modo le sue intenzioni.