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HEXN, Yy

Quando ascoltai per la prima volta Al-khīmiyya, uscito nel 2015, era agosto e il sole era implacabile nel suo sbattersene amabilmente del mio inutile tentativo di porre delle persiane chiuse tra il mio cervello offuscato dal calore e il suo bagliore totalitario. Aggiungeteci quel tocco di indolenza affaticata da domenica mattina, e capirete quanto l’incedere salmodiante di “Still Praying In The Middle Of A Sun”, seconda traccia del succitato album, con la sua psichedelia da oscuro sciamanesimo sabbioso avesse spedito me e il mio cervello non troppo lontano da quei luoghi in cui l’arabo pazzo di Lovecraft riconosceva la voce dei demoni nei canti degli insetti notturni nel deserto.

Mie allucinazioni a parte, il vicentino Hexn sembra muoversi, per fortuna, ancora per quei paraggi in questa brevissima uscita che si dice ispirata al dualismo manicheo tra luce e tenebre, tra bene e male. A rendere ancora più marcata l’aura sciamanica di Yy ci mette del suo il polistrumentista Giuseppe Dal Bianco, con un assortimento di fiati etnici che fluttuano arcani sull’impianto dark ambient, o quasi, messo in piedi dal vicentino. I ritmi distorti, i synth ondeggianti e le texture para-mediorientali che si intrecciano con occasionali ascensioni di rumore rendono “Balance”, la prima delle due tracce di Yy, una ben riuscita illustrazione di una sorta di rapimento estatico attraverso il quale si iniziano a scorgere i contorni di una minaccia rimasta fino ad allora soltanto accennata. Più onirica ed espansa “Complementary Rather Than Opposing”, l’altra metà del 7”, costruita su un beat minimale con echi e riverberi chitarristici a disegnare nel vuoto, in cui però viene un po’ meno l’atmosfera e l’estro dei primi minuti. In ogni caso, dodici minuti complessivi di “insonne malanimo” (cit.) con cui riempire proficuamente l’attesa di qualcosa con un minutaggio più sostanzioso.