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DREAM WEAPON RITUAL, The Uncanny Little Sparrows [+ full album stream]

Mi ero occupato anche del precedente disco dei Dream Weapon Ritual (Simon Balestrazzi e Monica Serra), trovandolo bellissimo e in linea coi suoi tempi (paradossalmente perché rimandava agli albori dell’umanità), grazie anche alla presenza di ospiti molto ben scelti come Paolo Sanna, Donato Epiro, Antonio Gallucci e Mirko Santoru. Pur essendo figlio di uno dei pionieri dell’industrial italiano, il progetto possedeva e possiede un’aura ancestrale, ma la cosa non stupisce dato che non è il primo “testacoda” nell’ambito delle musiche cosiddette “sperimentali”. Nient’affatto per caso, dunque, in apparenza non beneficiandone quanto altri, i Dream Weapon Ritual hanno suonato durante la seconda edizione del festival Thalassa (2014), per chi non lo sapesse quello dedicato alla “Italian Occult Psychedelia”, infatti sono presenti anche sulla raccolta “riassuntiva” pubblicata pochi mesi fa da NO=FI. Questo, nonostante le distanze anagrafiche tra Balestrazzi/Serra e gli altri, secondo me è avvenuto proprio perché l’Italian Occult Psychedelia include(va) tante band con un sound “neoprimitivo”, atavico, pre-razionale, sacro a modo suo, aggettivi assorbiti per quanto possibile da quell’occult: Father Murphy, Mamuthones, In Zaire, Cannibal Movie/Epiro, lo stesso M.S. Miroslaw/Hermetic Brotherood Of Luxor… e sentite come il pezzo dei Dream Weapon Ritual sulla compilation appena menzionata confluisce bene in quello successivo degli Eternal Zio… Ecco che dunque i diciotto minuti rituali di “Bird Mother”, traccia posta all’inizio di The Uncanny Little Sparrows, dovrebbero far contenti tutti: chi storicamente segue Balestrazzi, chi ha/aveva la scimmia per quel pugno di band riunite da Ciarletta e dal Thalassa o chi – con le dovute, evidenti differenze – ce l’ha per i Phurpa, e anche chi si compra tutte quelle ristampone etno/ambient che ci sono in giro (io, dopo Uncanny Little Sparrows, ho rimesso le due dei Futuro Antico). Questo primo episodio occupa metà disco, l’altra ospita quattro tracce coerenti alla prima quanto a sound, cupe e registrate forse da qualche tribù che ha vissuto o vive in un’epoca distante dalla nostra o indietro o avanti nel tempo: valgono l’ascolto le sciamaniche “Tittle-Tattle Among Secret Devices” e “The One With The Iron Beak”, meritevoli forse di uno sviluppo maggiore. Vorrei dare quest’album alla cieca a dieci recensori senza dir loro quand’è stato creato e vedere cosa mi rispondono. Buon ascolto.