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DAMON LOCKS, List Of Demands

List Of Demands ha preso forma quando a Damon Locks fu chiesto di curare un lavoro sonoro presso il Museo della fotografia contemporanea a Chicago, all’interno di uno show chiamato Beautiful Diaspora / You Are Not The Lesser Part.

Ah, si potrebbe dire di tutto di Damon Locks, di quanto la sua visione negli anni abbia attraversato generi e stili, rimanendo fedele a un’inoculazione cosciente di black music ovunque passasse. Funk, soul, dub, slam poetry, politica e poetica, musica e storie. Del suo passato con i Trenchmouth, degli Eternals, dei progetti condivisi con Rob Mazurek e della International Anthem. Ma qui siamo su List Of Demands.

List Of Demands è un altro tassello di una costruzione, l’ennesimo passo di un percorso che non può lasciare indifferenti. List Of Demands è un disco che colpisce a più livelli, in più frangenti, sotto ogni chiave di lettura. È scorrevole ma ebbro di storie e campionamenti, ricordi ed immagini. È la conferma che una musica consapevole può esprimersi sotto diverse forme, risuonare come un pugno oppure accarezzarci suadenti. La voce, i fiati, i campionamenti, il ricordo dei decenni che hanno portato le musiche afroamericane ad essere connotate come generi da altri. L’Africa, i Last Poets e la diaspora, il meticciato e il crogiolo di culture che si fa suono, la poesia nelle forme. L’intero disco risuona e splende delle sue cicatrici, dei suoi tagli, mentre Damon Locks e le sue parole uniscono e danno senso a un viaggio che esula dal mero contingente musicale, ma apre porte su mondi e situazioni, immagini e percorsi. C’è suoni, c’è senso, c’è sostanza. C’è un musicista che da 30 anni porta avanti un’idea di musica, di ritmo e di contenuti, colpendo cuore e testa come un pugile esperto e pesante, incurante dello scorrere del tempo. Tutto il resto è inutile, come le mie parole di fronte a 12 brani nei quali parole e ritmi sono mischiati con un approccio da turntablist e Damon officia un ritmo che vorremmo non finisse mai, dove tra le righe si riconosce la coscienza di Gil Scott Heron così come la potenza di un Arthur Brown. Lucida narcosi, ai massimi livelli.