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COLEMAN GREY (DYLAN CARLSON), Falling In A Thousand Stars And Other Wonders From The House Of Albion

Colemangrey1

Un contadino stava rientrando una sera a casa, quando trovò, seduta su una pietra, stremata dal freddo e dalla fame, una misera creatura, di sembianze umane ma di modeste dimensioni: impietosito ma anche consapevole della natura magica di quell’essere, forse un elfo, e che quindi la fortuna lo avrebbe ricompensato, lo portò a casa e lo fece sedere su uno sgabello vicino al focolare, nutrendolo con del buon latte. Il piccoletto si riprese presto dalla sua condizione e, senza mai proferir parola, divenne subito il beniamino della casa con i suoi scherzi e i suoi modi allegri. Dopo alcuni giorni si sentì dai campi attorno una voce stridula chiamare per tre volte “Coleman Grey!”. Al che il misterioso personaggio, ritrovata la voce, disse “Ho ho ho, è arrivato il mio papà!”, volò via dal buco della serratura e di lui non si sentì mai più parlare.

Per i suoi progetti solisti Dylan Carlson di solito adotta lo pseudonimo drcarlsonalbion: stavolta, per la realizzazione di questo disco, nato grazie a un’operazione di crowdfunding, si cela dietro al nome della simpatica creaturina di cui sopra. Noto a tutti per essere il chitarrista-demiurgo della formazione drone metal Earth, non più solo persona collegata al suicidio di un suo amico famoso (la storia è arcinota e non staremo certo a raccontarvela noi, mica siamo Cronaca Vera), Carlson da un po’ di tempo subisce una forte fascinazione per il folklore inglese, di quelle storie di fate e di elfi ambientate nella campagna britannica, ma non nella loro versione rassicurante ed edulcorata scaturita in epoca vittoriana, quanto nella loro spaventosa natura originaria legata a sortilegi, vendette e stregonerie. Il legame con tale immaginario trae origine dal fatto che il chitarrista di Seattle ha un quarto di sangue scozzese e pare che la vita del nonno sia stata salvata, così gli è stato raccontato, proprio da una di queste presenze magiche. Lo stesso Dylan sostiene di aver avuto incontri con queste creature e di avere a questo riguardo anche registrazioni ambientali che avrebbe voluto inserire nel disco, ma che però, sfortunatamente, dice essere inutilizzabili: evitando di dare giudizi sulla attendibilità di tali affermazioni, noi ci limiteremo a occuparci dell’aspetto musicale. Carlson/Coleman Grey prende la materia tradizionale e, attraverso le varie sovraincisioni delle parti di chitarra, la piega al proprio estro deformandola, polverizzandone la ritmica e avvicinandola alle produzioni degli Earth. L’operazione non è poi tanto peregrina come sembrerebbe di primo acchito, se consideriamo che il drone, tutto distorto e vibrante alla maniera di Carlson, non può non ricordare, per tutta la durata del disco, il bordone della cornamusa. Le ballate così rivisitate trasmettono un senso di calma e, allo stesso tempo, comunicano una certa ombrosità, tipica della campagna inglese: l’unico pezzo da cui sembra trapelare uno spiraglio di sole è la traccia quattro, la gaia “Rose In The Heather”.

Gli amanti del suono degli Earth forse potranno apprezzare l’operazione, mentre i cultori del folk tradizionale faticheranno non poco a trovare familiarità con il repertorio destrutturato da Carlson. Falling In A Thousand Stars And Other Wonders From The House Of Albion è autoprodotto ed è stato pubblicato in versione cd il 24 giugno, accompagnato da un dvd-documentario realizzato da Clyde Petersen e da un libro, sui quali ancora non ci è dato sapere molto.