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BEYOND CREATION, Algorythm

BEYOND CREATION, Algorythm

I Beyond Creation tornano a distanza di quattro anni dal precedente album. Algorythm è il loro terzo disco, ma non è proprio quello della consacrazione, come regola non scritta vorrebbe. Le sue dieci canzoni continuano il discorso intrapreso a inizio carriera, cioè portare il death metal verso lidi più sperimentali e tecnici, esaltando l’epicità e la brutalità del death metal più intransigente: è un’impresa riuscita o che sta riuscendo a Obscura, Ulcerate e The Faceless, ma che questi quattro canadesi faticano a compiere. Non ci sono sbavature, tutto è suonato con perizia sopraffina, con maestria, forse troppa: ci sono delle idee che sono sviluppate intorno a una tecnica eccessiva, e non il contrario, e alcuni passaggi risultano forzati. Dove per esempio gli Obscura sono riusciti a far accettare il death metal da onanismo compulsivo anche ad ascoltatori meno attenti a certi aspetti esecutivi, i Beyond Creation falliscono. Algorythm vorrebbe ma non può, perché manca qualcosa. Alla fine dei cinquanta minuti ci sono situazioni sonore non chiare, forse perché tutto è troppo perfetto, il che distrugge l’emotività e il cuore. Nonostante il death metal in questi anni abbia ramificato, rimane comunque un genere che ha bisogno di visceralità, sangue e sentimento, e solo poche band sono riuscite a coniugare tecnica ultraterrena e pathos. I Beyond Creation hanno tentato di alzare il tiro ma non ci sono riusciti e semplicemente proseguono nel loro cammino, pensando magari di aver creato un disco che possa unire cervello e cuore. Dispiace, perché Algorythm si fa ascoltare. Anzi. Ci sono passaggi davvero notevoli, come in “Ethereal Kingdom” o nell’iniziale “Entre Suffrage Et Mirage”, ma si tratta di un lavoro che alla fine non sarà ricordato troppo. Andrà a rinforzare la tecnica dei canadesi, ma non porterà il loro death metal a un livello di spiritualità putrescente superiore.