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ROBERT WYATT, Different Every Time

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L’inglese Domino Recordings mette sul mercato questo doppio album che sintetizza una grossa parte del percorso – da solista e non – dell’ex Soft Machine (lo spunto viene da una biografia pubblicata di recente). Different Every Time, oltre ad essere logica descrizione di quello che per davvero Wyatt è stato (e sempre sarà), ovverosia una sorta di songwriter alieno che s’è mosso in più campi con grande onestà intellettuale e lucidità compositiva (per sintetizzare: una specie di pop-jazz raffinato, ma sempre al confine con l’improvvisazione) è un album che serve da corposa testimonianza per le nuove generazioni, forse. Tant’è, a noi interessa soprattutto porre l’accento su alcuni dei più bei pezzi del secolo scorso, lo facciamo partendo dal primo disco (si ascolti una versione catturata dal vivo di “A Last Straw”, libera e svolazzante come poche cose al mondo). Cosa dire poi di “Yesterday Man”? Una riuscita via di mezzo tra Harry Nilsson e Burt Bacharach (affascinante è dir poco). O di “At Last I Am Free” con quella melodia perfetta, o della ieratica e sofferta “Beware”… La seconda metà si fa certamente in parte più riflessiva, si nota già dall’apertura di “The River”, in origine di Jeanette Lindström, o con la placida “Richardson Road” (dei Grasscut), ma è soprattutto un excursus fra le sue numerose passioni artistiche, visto che sono in pratica tutte cover. Mi piace sottolineare la singolare scelta dei brani, riesce a tirare fuori dal cilindro pure una song dell’ormai quasi dimenticato Epic Soundtracks (la flebile e sofferta “Jellybabies”, dall’omonimo 7” uscito nel lontano 1981), e “Shipbuilding” è forse l’apice di questa sezione. Non mancano poi umori jazzy misti a tropicalismo ed exotica in “Turn Things Upside Down” (degli Happy End) o l’estiva e frivola “Frontera” (Phil Manzanera dei Roxy Music), per non dire poi della quasi speculare “Siam” di Nick Mason. Si fanno notare anche le rendition di un altro musicista che si dovrebbe ripescare: Michael Mantler, sorta di jazzista (alieno pure lui) di provenienza austriaca, ed anima affine a quella di Wyatt, che infatti interpreta come si deve “A L’Abbatoire” e “Sinking Spell”; per intenderci non siamo lontani dallo Scott Walker di Climate Hunter. Chiudo dicendo soltanto che l’ascolto è consigliato anche se, a essere onesti, non aggiunge poi molto, soprattutto a quelli che magari hanno in casa l’intera discografia del musicista inglese.

Tracklist

Cd 1 – Ex Machina

01. Moon In June (Soft Machine)
02. Signed Curtain (Matching Mole)
03. God Song (Matching Mole)
04. A Last Straw
05. Yesterday Man
00. Team Spirit
07. At Last I Am Free
08. The Age Of Self
09. Worship
10. Free Will And Testament
11. Cuckoo Madame
12. Beware
13. Just As You Are

Cd 2 – Benign Dictatorship

01. The River (Jeanette Lindström)
02. The Diver (Anja Garbarek)
03. We’Re Looking For A Lot Of Love (Hot Chip with Robert Wyatt)
04. Jellybabies (Epic Soundtracks)
05. Shipbuilding
06. Richardson Road (Grasscut)
07. Turn Things Upside Down (Happy End)
08. Still In The Dark (You’re Not My Sunshine), (Monica Vasconcelos)
09. Venceremos (We Will Win) – Jazz Dance Special 12” Version, (Working Week)
10. Frontera (Phil Manzanera)
11. La Plus Jolie Langue (Steve Nieve & Robert Wyatt & Muriel Teodori)
12. Goccia (Cristina Donà)
13. Siam (Nick Mason)
14. A L’Abbatoire (Mike Mantler)
15. Sinking Spell (Mike Mantler)
16. Submarine ( Bjork)
17. Experiences No. 2 (John Cage)