QLOWSKI, The Wound
Non ho mai ascoltato il primo disco dei Qlowski, mi perdoneranno ma sono cascato in primis su No Wound, gentilmente messomi a disposizione da Micol di Maple Death Records.
“Thirteen” inizia in modo vaporoso ma è solo un soffio e fin dalla seguente “The Wound” la storia cambia: ritmo e furia, per un’intensità che tracima il lato oscuro degli anni ‘78-‘81 con una doppia voce lui/lei, synth e batteria uccidere tutti i prigionieri, lui che prende il sopravvento e urla rauco.
Calma e gesso: Mickey e Cecilia alle voci, Christian, Lucy e James i nuovi entrati. Nel frattempo “Desire” scivola drammatica e leggera insieme, come il trucco pesante la domenica mattina. Cecilia ha la voce di un angelo e la bava di sintetizzatore che la accarezza in “Stronger Than” viene percossa non appena Mickey la spinge a una doppia voce sbandata e passionale, ma sempre con la morte nel cuore. “Surrender” è la risposta più plausibile alla domanda “Joy Division reggae/dub” e il disco avanza così, caracollante e sghembo, il bravo e la bella ad accavallarsi, luna e sole, Jekyll & Hyde, con la facoltà di chiudere i brani in maniera perfetta come con lo sfaldamento di “Mastering The Motion”.
Poi space punk da balera che si trasforma nell’urlo di un licantropo che scopre l’alba insieme alla sua bella, impeto che si scioglie in dolcezze d viceversa, strenna per chi vive i dischi come saliscendi emotivi.
Pathos, tristezza e amore in una love song per N.K. e una “Off The Grass” che come il volto in copertina ci riporta nella cifra di Qlowski: ritmo, dramma, intensità, balzi luminosi e là sensazione di essere fuori da questo mondo, alieni che difficilmente potranno dissimulare la loro diversità.