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HATI, Metanous

HATI, Metanous

Non ho mai capito se il progetto polacco Hati sia un collettivo di musicisti ben definito oppure qualcosa di instabile che gira attorno al solo Rafal Iwański. In questo caso, comunque, nel periodo 2011-2012 Iwański produsse questo lavoro (che oggi diviene il suo terzo per Zoharum) assieme ad altri due monaci carpentieri, Rafal Kolacki e Robert Darowski.

La discografia di Hati è abbastanza ampia, la memoria è deboluccia ma mai partire impreparati, così ho ripreso quantomeno l’ultimo Wild Temple, che, mostrando aspetti inquieti e ritual-doom, si eleva per violenza percussiva-industrial. Facendo due conti sommari, ho avuto l’impressione che il concepimento di questo Metanous abbia fatto da viatico, una sorta di premonizione o apripista per futuri scenari psichedelici: d’altronde utilizzando campanacci, ocarine, gong, corni animali e didgeridoo non puoi che ottenere effetti da cerimoniale occulto (“Fusion”). Il disco possiede una precisa linearità tribale, ma questo non toglie che dall’introduzione subdola e serpeggiante di “Cascades” non si possa giungere a vivere momenti di estasi o mistiche allucinazioni, basta infatti il suono di un flauto magico per immaginare un quadro multicolore composto da sciami di api regine che giocano e danzano assieme a un esercito di conigli viola (“Wangga”). L’apice però è raggiunto con “Alpha At Omega” e la sua commistione fra un onirico post-industrial, ansiose folate dark ambient e reminiscenze new-age; una traccia che potrebbe essere stata studiata per accompagnare riti pagani d’iniziazione. Altresì sono riconoscibili molti elementi o rimandi ad artisti ben precisi, dato che vien da pensare a un incontro o sessione live fra i Phurpa e i loro canti mantra, le stramberie di Z’EV e i Das Synthetische Mischgewebe quando non si mettono a fare musica concreta.

Metanous è ideale per gli amanti del magnetismo rituale, del drone sovrannaturale, delle risonanze metalliche e delle copertine raffiguranti complessi siderurgici abbandonati inglobati all’interno di un tempio tibetano. Un ottimo disco, fatto di molti passaggi esaltanti e pochi momenti di noia.