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HALSHUG, Sortsind

Ho avuto modo di gustare la follia cieca e omicida dei danesi Halshug qualche anno fa, dal vivo al Freakout di Bologna. Ai tempi li conoscevo solo di nome, ma mi è bastato ascoltare la prima song in scaletta quella sera per essere immediatamente rapito dal loro sound. Raw hardcore oscuro e folle, una corsa lungo un tunnel buio verso le tenebre del dubbio e dell’angoscia. In pratica quello che quasi ognuno di noi sperimenta quotidianamente all’interno di questa società sporca e imbruttita. Perché gli Halshug e il loro hardcore crudo e violento sono proprio questo: imbruttimento sonoro, il totale fallimento della propria esistenza, l’incomunicabilità con gli altri, accompagnata dal disprezzo. Attraverso questo pugno di canzoni dischiudono le porte del loro inferno personale, dove non c’è nessun tipo di redenzione. Una vita vuota, fatta solo di sconfitte e permeata da quel tipico grigiore metropolitano invernale, che ti attanaglia in un abbraccio morboso e raggelante. Non eccedono mai con la velocità i tre ragazzi di Copenaghen, ma attraverso rallentamenti snervanti riescono a sfibrare l’orecchio dell’ascoltatore. Una voce profonda e disturbante viene accompagnata da riff primordiali e in alcuni casi quasi dark, figli di un’evidente influenza Joy Division. Lasciate perdere per un attimo la paura mascherata da mostri e zombie. Qui si parla di paura vera, quella generata dalla vita stessa.