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SONAR W. DAVID TORN, Tranceportation Vol​.​2

Il labirinto in cui ci si incamminava ascoltando il primo volume di Tranceportation si fa sempre più profondo: quelle sue digressioni claustrofobiche diventano una costante nel secondo capitolo edito da RareNoise Records e Goodfellas il 26 giugno 2020, fino a togliere aria e luce, fino a far perdere ogni punto di riferimento. Ogni tracciato – che già prima era rarefatto e appena visibile – qui scompare del tutto. L’ascoltatore si addentra sempre di più nella dimensione “Sonar” fino ad una completa immersione negli schemi cari al gruppo. In questo senso anche Torn si amalgama completamente, annullando di fatto quella distanza che era più chiara in precedenza. In effetti, nel computo totale degli 80 minuti di registrazioni da cui sono estratti i due album, questa seconda tranche appare più simbiotica, la fusione tra l’ensemble svizzero e il chitarrista/produttore si mostra come ormai conclusa.

La solida texture di basso e batteria si fa più avvolgente e condizionante. I suoni lunghi e tersi della chitarra di Torn sgorgano costanti ma sono sempre più assorbiti in una palude ritmica a tratti asfissiante. È facile intuire i moti spiraliformi intercorsi tra i musicisti durante la sessione di registrazione, gli sguardi assenti, le discese dinamiche, le pause solo apparenti, i vuoti che senza isteria si sono colmati piano fino a traboccare e poi svanire ancora, in modo lento. È facile sentirsi al centro dello studio, intercettare i flussi che arrivano da ogni parte della stanza, colpendo prima la pelle, solo poi il condotto uditivo.

Con Tranceportation Vol.2 termina quindi un processo di influenza reciproca tra Sonar e Torn iniziato con Vortex: in questo disco l’istrionico chitarrista – inizialmente chiamato solo a produrre – decise di intervenire nel vivo della musica con il marchio timbrico della sua chitarra, dando così il via a una sorta di reazione a catena che lo vede ora, dopo un paio d’anni, del tutto integrato nel progetto. Si passa da una complicità spontanea sviluppatasi sull’onda dell’entusiasmo, dove il suo apporto è posticcio, applicato ad arte là dove possibile, ad una collaborazione più studiata, dove la scrittura prevede sin dal principio la sua presenza. Ecco che i rapporti di forza si riequilibrano, con Torn inserito nelle trame sature ed esasperate tipicamente “Sonar”.  È lui stesso a raccontare come la sua passione per la band svizzera ruoti attorno ai concetti di ripetizione e improvvisazione, alla loro capacità di fare del live-looping una cifra stilistica lontana anni luce dalle consuete pratiche di utilizzo di certi strumenti.

Dal canto suo Thelen, leader del gruppo, parla di una scrittura semplice che ruota attorno a poche, essenziali cellule sonore giustapposte e ripetute ad oltranza al fine di generare quella tanto agognata Trance, straniante e caustica risposta al vivere contemporaneo. In questo senso il risultato è fulminante, le sette tracce descrivono in modo allucinato le inquietudini insite nel vivere odierno e il bisogno febbrile di catarsi, di liberazione, in uno sfogo continuo di suoni che appaiono tanto ruvidi quanto necessari.