PLACENTA, Double Farce

Nuovo nastro per Placenta e per la prima volta è un album lungo. Una cinquantina di minuti su di un territorio slabbrato, lacerato e quasi certamente infetto. Il sound, molto pesante, si impiastra su testi basati su di un immaginario cyberpunk e recitati spesso in modo sardonico, e può trovarsi a braccetto con attimi di pace sintetica senza eguali, come il campionamento di “Sogno O Incubo?”. La sensazione, in questo pezzo, è di trovarsi nella cantina di Loris Cericola, quella da cui tutto il suono fuoriesce, in rivoli che prenderanno strade differenti, separando ritmica da oscurità, qui ancora cucite insieme con un punk allo stato zero, lento e pesante. Double Farce è un nastro tormentato, lo si riesce quasi ad immaginare, strozzato e divelto con una vecchia biro dalla propria cassetta e proprio per questo in grado di urlare a voce piena disagio e amarezza, penso alle ritmiche acri che riducono “Mare” a un brodo primordiale e “Mani di Sangue” a uno spasimo electro agghiacciante.

Loris Cericola, forse come mai prima, si apre a un dialogo con l’ascoltatore, suadente e lascivo in brani come “Serpente”, che si immagina possibile singolo in una società illuminata, baciato da uno scratch old-school e forte di una voce in primo piano che ipnotizza. Il Lato B si apre con la toccante umanità a cuore aperto di “Madre”. “Carne Da Mangiare” è un mondo in VHS di Cronenberg e Yuzna, è “Videodrome” che ha preso il controllo e ci canta l’Hit Parade, Loris carne da macello al macero del successo come in “The Society”. Ancora urla disperate in una martellante “Sole Che Brilla”, brano intimamente punk che si collega a CCC CNC NCN e Contropotere tramite una filiazione dub scura e nervosa. I campionamenti, qui di una pellicola non meglio identificabile, aggiungono spessore e mistero ad un’opera che si rivela in “Doppio”, traccia che riprende il concetto del titolo e che in una pista da ballo martoriata dai colpi rivela soggetto e doppelgänger: urla disperate contro lo specchio, rintoccate dai medesimi scratch già evidenziati in “Serpente”. “Settembre Nero” sembra interiorizzare una guerra perenne, mentre la successiva “Al-Aqsa”, edificio sacro nel complesso di Gerusalemme contesa, finisce per menarci per il naso in un deserto notturno mentre cerchiamo di indovinare sensi e significati, costringendoci a ripetuti ascolti, ricerche ed appronfondimenti come si conviene a un lavoro multistrato quale Double Farce è.