KLOTZ / WENZEL / VETHAKE, Burst

Scardinata e scoordinata eppure così magnifica nella sua arrogante entropia è la prima creatura di Manuel Klotz, Karla Wenzel and Tobias Vethake.

Burst è un treno fantasma che percorre le terre selvagge del free jazz, del drone e del noise senza sapere verso quale precipizio lo condurrà l’assordante stridio delle rotaie.

Burst è un disco lasciato corrodere dagli elementi, l’effige di un antico eroe a cui il tempo ha infine strappato il volto.

Tre musicisti sui generis: Manuel Klotz, attivo nella galassia noise-jazz più sperimentale, la cantante dei Bohemian Crystal – nonché appassionata performer di strumenti di recupero e giocattoli – Karla Wenzel e Tobias Vethake, la cui ricerca artistica ruota attorno alle infinite possibilità timbriche del violoncello elettrico.

Cinque tracce – sette, se consideriamo le bonus tracks – e un unico titolo: Burst. Letteralmente, detonazione e deflagrazione, ma il termine può indicare – nel gergo astronomico – gli improvvisi aumenti d’intensità dei brillamenti solari. E in effetti ciò che ascoltiamo non può essere definito in altro modo se non come una vera e propria eruzione sonora.

“Burst 1” è angoscia inestricabile, stridori, barriti e il convulso agitarsi di una sezione ritmica serrata e implacabile. A rapidi istanti di atona contemplazione noise si susseguono deliri free magmatici e selvaggi (“Burst 3”), lamentazioni sintetiche claustrofobiche e sghembi dagherrotipi dada, con manipolazioni vocali sorprendenti e contorte in chiusura (“Burst 4”). Le orchestrazioni espressioniste di “Burst 5” si collocano ai confini di un free jazz distorto ed elettronicamente malato, il cui tono maniaco-depressivo descrive la fine (o l’inizio?) dell’entropia e della disgregazione.

Accomunati dalla passione per Ornette Coleman, Caspar Brötzmann e Cecil Taylor, gli autori ed esecutori di Burst sfogano in esso tutto il loro amore per l’improvvisazione dissonante e drammatica, roboante e crudele: un maëlstrom inarrestabile.