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KESS’KHTAK, Nurturing Conditions For Rupture

Kess'khtak

Ancora una volta Ginevra, ancora una formazione al confine tra generi, ma con una smaccata deriva death/grind che ne stempera la voglia di sperimentare e dirige il tutto verso una decisa propensione distruttiva, al contempo nichilista e iconoclasta. I Kess’khtak non si perdono in troppi sofismi e vanno dritti per la loro strada tra growl e riffing serrato, stacchi ricchi di groove e accelerazioni improvvise, quindi nulla d’inaspettato o di cui sorprendersi, eppure giocato con sufficiente abilità e scioltezza per non scadere nel mero plagio o incorrere negli sbadigli altrui. Quella della formazione è una proposta di pancia, giocata più sull’istinto predatorio che non sulla voglia di tentare soluzioni ardite, al cui interno la tradizione gioca un ruolo determinante e l’attenzione si focalizza sulla capacità di fuoco della miscela, il tutto affiancato ad una solida tecnica e una spiccata capacità di colpire senza disperdere energia lungo la rincorsa. Quello che a questo punto manca è la voglia di mettersi in gioco con una formula più ricca e meno derivativa, così da innalzare il livello dello scontro e rilasciare un affondo più incisivo, sempre che i Kess’khtak non preferiscano restare nelle schiere dei guastatori cui poco importa di queste elucubrazioni e più si confà lo sporco lavoro di falciare le prime linee del pit a suon di bordate. Il che, sia chiaro, è comunque compito degno di rispetto, se non addirittura auspicabile quando si hanno concorrenti ricchi di belle ambizioni, ma purtroppo non sempre in grado di concretizzarle. Ben vengano a questo punto anche questi assaltatori svizzeri.