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KAMIKAZE QUEENS, Automatic Life

Automatic Life

Questo è il “Berlin Punk Cabaret” dei Kamikaze Queens. Un quintetto con le idee abbastanza chiare (il drummer tra l’altro è italiano), che fa di quella specifica passione una ragione di vita, d’altronde anche le mise lo dimostrano in maniera inequivocabile.

I pezzi sono semplici, senza fronzoli e mirano al sodo, i musicisti insomma non si fanno pippe mentali. C’è un però: faticano a dimostrare un benché minimo motivo d’interesse, troppo circoscritto al succitato campo d’azione (“Good Times” è il solito giro nervoso di chitarre, con la voce mascolina della singer e niente più). Eppure il tutto non manca affatto di professionalità (il cow-punk col rossetto della marcetta “I Ain’t Sorry”), solo non conquista fino in fondo; anzi, spesso sa di banale excursus in immaginari crampsiani e finanche street rock (in fondo sono solo al secondo disco e possono crescere). Un minestrone teatrale e troppo “spicy”, quindi, certamente ben congegnato, ma che si pone come uno di quei noiosissimi spettacoli di burlesque, solo leggermente più pepati del solito. Hanno tutte le carte in regola per far parte di carrozzoni punk et similia, e di suonare fino a tarda età nei club più malfamati, magari ad Halloween. Può pure andare bene cosi, ma, lo ripetiamo, davvero altro non aggiungono ad un mondo affollato di mille entità affini alla loro (vedi anche alla voce cover band).