Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

HUGO RACE & THE FATALISTS, We Never Had Control

We Never Had Control

Fatalists è stato uno dei migliori dischi del 2010 e ora diventa l’ennesima band/sigla sociale con cui Hugo Race presenta la sua sterminata e variegata visione sonora. E, non per campanilismo, si è sicuri che il felice cambio di rotta attuato con lo scorso album sia anche merito dei “Fatalists” stessi, ossia Antonio Gramentieri (a svariate chitarre e basso), Diego Sapignoli alla batteria e percussioni, Francesco Giampaoli al doppio basso (e i Sacri Cuori ci sono tutti), Franco Naddei ai sintetizzatori, senza nulla togliere a Vicky Brown a cori e violino. Non abbiamo il controllo delle emozioni o del nostro destino come ci piace credere: di sicuro, però, Hugo è all’apice di un momento di totale controllo creativo e fertilità compositiva. Le mille espressioni della maestria da perenne outsider – capace però di indicare la via più di mille maestri “riconosciuti” – tornano a fiorire in un contesto folk/blues terrigeno. Fiori radi, ma meravigliosi e dai petali più colorati del solito. Arpeggi febbrili arabescano la calda e malinconica melodia di “Dopefiends”, con nel mezzo una sfuriata elettrica sferzante che tracima in archi dolenti, poi il febbrile si trasforma in epica rock (venata di soul ubriaco) nel groove di “Ghostwriter”. Le corde tintinnano sporche, mentre la voce di Hugo è sempre più grave e scava tombe nell’anima in “Meaning Gone” (fondamentale il contributo vocale di Violetta Del Conte ai “cori”, così come lo è nella title-track), nonostante il senso della melodia rimanga solido e ancora più in vista come nella splendida “Snowblind” (che rimanda ai R.E.M. più oscuri). Nebbia ed emotività implosa nell’eterea “No Angel Fear To Tread”, con le incursioni elettroniche in relazione simbiotica con tutto il resto. “Shining Light” è poesia da torch song che scioglierebbe anche gli iceberg più tosti, poi, verso la fine, con “No Stereotype” ci si rituffa tra gli ingranaggi di polvere del folk/blues scorticato di inizio disco, per chiudere con “We Never Had Control”, una planata (quasi) controllata tra gli spettri della nostra supposta libertà. Da brividi.

Tracklist

01. Dopefiends
02. Ghostwriter
03. Meaning Gone
04. Snowblind
05. No Angel Fear To Tread
06. Shining Light
07. No Stereotype
08. We Never Had Control