APPINO, Il Testamento

Il Testamento

È in partenza il tour, mentre da qualche parte in studio Andrea, Giulio Favero, Franz Valente (entrambi Il Teatro Degli Orrori) e la guest star (che non compare nel disco) Enzo Moretto (A Toys Orchestra) affinano armi e l’affiatamento. Dopo l’esordio solista di Karim Qqru, è il momento di Appino, che ancora una volta sfodera personalità, dopo averne già mostrata in casa Zen Circus. La Notte Dei Lunghi Coltelli di Karim è qualcosa di più istintivo rispetto a questo disco, che è composto da “canzoni”, tutte incentrate sul tema della famiglia, sui rapporti particolari che possono crearsi in essa e sulle sfumature nere della mente e del cuore umano. Nero, lugubre e teso è anche il suono di ogni pezzo, un misto di mantra ossessivi tra hardcore e noise (mix di Il Teatro Degli Orrori e Marlene Kuntz), istoriati da synth perniciosi mentre Appino declama, cantilena e irrora di acido muriatico linee melodiche “da cantautorato incazzato”, per certi versi affine alla rabbia di Giorgio Canali. La musica de Il Testamento può rimandare a qualcosa di già sentito, ma “scorrendolo” si finisce per collocarlo in un universo tutto suo. Inevitabile non avvertire una scrittura affine alle caratteristiche del gruppo d’origine, ma è solo questione di sensazioni, dato che ogni pezzo rivela aspetti diversi delle capacità di Appino. Troviamo il brano folk (ispirato liberamente a “Desolation Row”) e la mazzata allo stomaco de “La Festa Della Liberazione”, poi “Il Testamento” (cruda disamina sulla gestione del dolore e le scelte che ciò comporta) e “Che Il Lupo Cattivo Vegli Su Di Te”, che serve a prendere subito posizione e a chiarire gli intenti. Nonostante il tiro “rock”, non mancano archi e tocchi di pianoforte, con arrangiamenti che accoppiano potenza a una costruzione meticolosa e poliedrica. Un organo funge da incipit per la stilettata new wave di “Passaporto”, dedicata allo scorrere del tempo (Tutto questo tempo speso ad imparare, poi quanto tempo ti rimane per viaggiare), mentre è il basso a essere in evidenza nel simil-industrial de “Lo Specchio Dell’Anima” (sulla quale aleggia lo spettro della paranoia e della “nemica” psiche). Dopo de “Lo Specchio…” tocca a “Fuoco!”, o della fucilazione dell’amore e del disagio dell’incapacità (deve essere per forza una colpa?) di non essere nati per lottare, imposizione disumana create da noi stessi. Inquietudini da Monicelli messo in musica in “Questione D’Orario”, “Fiume Padre” segue la scia del fumo di “Fuoco”! mentre un’acustica tiene il tempo di un racconto di un’apocalisse e del nostro tasso di inadeguatezza all’infinito, considerando che scappare non ci serve a niente. Menzioniamo ancora il basso che torna a mietere vittime nel gorgo di “Solo Gli Stronzi Muoiono”, il freddo degli ultimi tre giorni di gennaio si stempera nella malinconia acustica punteggiata di timidi synth de “I Giorni Della Merla”, gli echi 70’s e morriconiani di “Tre Ponti”. Infine, il cuore continua a incrinarsi con la raccolta “preghiera” di “Godi (Adesso Che Puoi)”, spezzandosi del tutto tra “Schizofrenia” e “1983”. Doloroso.

Tracklist

01. Il Testamento
02. Che Il Lupo Cattivo Vegli Su Di Te
03. Passaporto
04. Lo Specchio Dell’Anima
05. Fuoco!
06. La Festa Della Liberazione
07. Questione D’Orario
08. Fiume Padre
09. Solo Gli Stronzi Muoiono
10. I Giorni Della Merla
11. Tre Ponti
12. Godi (Adesso Che Puoi)
13. Schizofrenia
14. 1983