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CANECAPOVOLTO, 6/10/2018

Canecapovolto

Potenza, Spazio K.

Il “Città delle 100 Scale Festival” è arrivato alla decima edizione e quest’anno, oltre alla consueta programmazione che si divide tra arti performative, danza e teatro, ha ospitato una “performance collettiva” intitolata “Nemico Interno – Un Viaggio Negli Intestini Della Città” e il concerto “Nagnagnag” (la citazione dello storico 7” dei Cabaret Voltaire credo sia proprio voluta) di Canecapovolto, “entità” siciliana: difficile, infatti, dare una definizione precisa di questo progetto artistico, e forse è anche inutile provare a farlo. I meglio informati sanno del lungo percorso di Canecapovolto, che inizia nei primi Novanta e che si focalizza su cinema, video e musica; in quest’occasione assisteremo a una classica performance, sto infatti parlando di un live-set vero e proprio.

Canecapovolto

Alessandro Aiello è dietro alla strumentazione della piccola galleria-locale del centro storico e prima di suonare ci tiene a spiegare in breve una serie di questioni: la sampling keyboard utilizzata fa da tramite fra gli effetti della electro harmonix e le sue intenzioni, e la tastiera potrebbe incepparsi, da qui l’accostamento alla tecnica del circuit bending (ci spiega come, dove e quando nasce). Naturalmente non si partecipa nulla di inedito, ma resta la consapevolezza di dover gestire dei suoni peculiari che tendono ad andare per la loro strada e che in sostanza contribuiscono a creare una sorta di sinfonia noise che a tratti sfocia in ambientazioni industrial, come a oggettivare dell’elettronica più “organica”. A tratti affiorano strutture ritmiche dall’andamento più canonico, tanto che si potrebbe quasi ballare a tempo, ma è solo un passaggio fugace, tra una bordata e l’altra di rumore che annichilisce e però ci permette una buona dose di concentrazione senza far troppo caso a cosa sta intorno. Musica dell’isolamento, si potrebbe dire, accompagnata da visual che definire criptici è poco, ma Canecapovolto è maestro di questo linguaggio, perciò non sorprende l’effetto generale che regala agli spazi e a quei pochi (e fortunati) curiosi che hanno il coraggio di assistere fino alla fine a queste due sessions di mezz’ora ciascuna. L’insieme si lascia ascoltare con estrema fluidità, Aiello controlla e prova a dar sfogo ai suoi strumenti cambiando in corsa tutta una serie di parametri: il secondo set è vagamente meno ostico del primo, anche se in realtà si registrano almeno un paio di momenti nei quali le macchine sembrano andare in crash, però questo “rabdomante” dei nostri tempi riesce a domare il tutto ed a portare a termine la sessione.

Quella ascoltata non è musica banalmente intesa, assomiglia più ad una forma sonora di resistenza, lontana da possibili equivoci commerciali, perciò libera di potersi esprimere in contesti anche piuttosto diversi tra loro; una scelta simile non può che aggiungere un ulteriore tassello al programma questo piccolo ed agguerrito festival del Sud Italia.