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ARBOURETUM, 6/3/2013

Arbouretum

Torino, Blah Blah.

Amanti delle chitarre ruggenti, e di conseguenza delle atmosfere che più elettriche non si può, unitevi e andate tutti al Blah Blah. Questo potrebbe essere lo slogan che è riuscito a riempire il locale sabaudo in un giorno qualsiasi della settimana. Sembra un piccolo miracolo, tanto è vero che credevo di essere tra i pochi – per di più accreditato dalla Thrill Jockey – a presenziare alla data di questo tour europeo a supporto dell’ultimo Coming Out Of The Fog. Invece mi sbagliavo di grosso, e meno male, visto che i fedeli della prima ora, ma non solo, erano lì a celebrare il quartetto di Baltimora. Puntuali, siamo intorno alle 23.00, Dave Neumann e soci attaccano senza troppo tergiversare. Evidente dai volti dei musicisti una compiaciuta rilassatezza, che permette loro di affrontare un pubblico piuttosto esigente che però pare accontentarsi, senza batter ciglio, di un’ora e quindici minuti circa di concerto. Non è poco, comunque, se pensiamo che a volte si finisce ancora prima. Il canto del barbuto Heumann è vicino a quello del folk irlandese di una volta (chissà quali sono le sue origini) e quindi si marcia a suon di melodia e di enfasi spinta, accompagnata dai classici basso, batteria e tastiera. Placidi e inesorabili, gli Arbouretum, solo in alcuni frangenti abusano degli assolo, ma sono proprio quelli che piacciono magari a loro e ai fan (d’altronde la lezione younghiana è tutta lì). La situazione per me si fa più intrigante quando i volumi si alzano e il suono inevitabilmente s’ispessisce, fino a far planare verso lidi lontani la loro proposta, così evocativa e potente al tempo stesso. Segnaliamo “False Spring”, qualcosa da The Gathering e sicuramente pure un paio di composizioni dallo split con Hush Arbours dello scorso anno, almeno “New Scarab” e la tostissima “St. Anthony’s Fire”, che più la ascolti e più sembra la versione aggiornata di “Come On Baby Let’s Go Downtown” da Tonight’s The Night del sempiterno Young (appunto). Ecco, la stretta vicinanza con l’uomo di Toronto è croce e delizia del gruppo, ma come si fa a non essere ispirati da uno come lui… Perciò, con questo dubbio non ancora del tutto fugato, e con la consapevolezza di aver assistito ad un buon concerto, lasciamo in fretta il Blah Blah per affrontare un altro giorno.

Nota di colore: un mio vicino gasatissimo e sui cinquanta con capello lungo e ballata scomposta, che conosceva a menadito le canzoni, e cercava a tutti i costi di interagire – forse alticcio – da una discreta distanza col gruppo. Mito della serata.