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ALAHUTA, A Hack In The Woods

Alahuta

I luoghi ventosi, con la pioggia orizzontale e a bassa densità di popolazione, sono quelli che più mi piacciono. Tutte le volte che ho la possibilità di tornare, avverto che la gente che ci vive e risiede stabilmente, oltre a parlare poco, appare timida e malinconica. È per questo motivo che adoro la Francia del Nord, ed in particolare la penisola del Cotentin, dalla quale giunge Aurélie Vivier, in arte Alahuta.

Nell’estate del 2013 accompagnò – passando per Torino, dove peraltro la vidi – Alice Dourlen alias Chicaloyoh in un mini-tour italiano. Fu in quell’occasione che le mie (quasi) certezze si cementarono perfino sul lato musicale. “A Hack In The Woods” è la prima uscita ufficiale, messa in circolo da Shelter Press (ex Kaugummi), ed è il seguito del promettente cd-r autoprodotto First Connexion (2012). Entrambe le artiste sono accomunate da un forte richiamo al drone-folk, versante psichedelico Alice, religiosa e sacerdotale Aurélie, soprattutto in questo nastro.

A spiccare immediatamente in Alahuta è la voce calda e malinconica, o forse sarebbe meglio scrivere carica di sofferenza? Ascoltando la cassetta ho davvero riavuto la sensazione di rivivere il live di giugno 2013 e questo significa che Aurélie non ha bisogno di troppe correzioni in studio di registrazione. L’atmosfera noir creata da questo particolare timbro vocale – coadiuvato anche dai suoni degli organetti, sempre oscuri e dronici (“Chanche”) – conferisce tristi visioni oniriche, quelle che terminano con l’uscita di qualche gocciolina calda dagli occhi (“The Poison”).

Speriamo di rivederla da queste parti. Fonti Shelter Press, inoltre, sostengono che Alahuta e Chicaloyoh stiano progettando qualcosa assieme, ma che purtroppo (forse) questo qualcosa non vedrà mai la luce. Nel frattempo, uscite di casa, dirigetevi verso una zona verde e isolata e date sfogo e voce ai suoni delle foreste d’Alahuta.