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NOFU, Qui Ed Ora

Qui Ed Ora è il nuovo ep dei Nofu, gruppo romano che ha ormai alle spalle otto anni di attività, due lp, un tot di cassette e split, tutto autoprodotto. Questa volta abbiamo a che fare con quattro pezzi che sono quattro anthem, cantati (e da cantare) a squarciagola. O forse sono delle grida che provengono dall’Aldilà, da un luogo lontano che ha deciso di fermarsi agli ultimi anni Ottanta. Un mondo dove si può mangiare a vita la cherry pie di Twin Peaks, dove ci si veste di jeans e si ascoltano solo Kina e Hüsker Dü. Scemenze a parte, quello dei Nofu è un disco inattuale perché non è malato di esibizionismo. Non cerca a tutti i costi di colpire o di strafare perché è forte di un approccio sincero alla musica, di quel tipo di esperienza che ha cambiato la vita a tanti. Non c’è spazio per la fuffa, insomma.

Le canzoni sono ben strutturate, dell’impulsività hardcore degli esordi rimane traccia in un paio di bridge perfetti per far partire il circle pit, ma non si perde mai l’orientamento. Volendo cercare qualcosa di simile, vengono in mente i Gas Attack, defunto gruppo hc romano anch’esso dall’attitudine molto eighties. Ma alla musica i Nofu uniscono i testi pensati e sofferti: in Qui Ed Ora c’è una riflessione ambivalente sul tema dell’illusione. Liberarsene, per quanto doloroso, sembra aprire il campo a una nuova innocenza, a una nuova semplicità. Ma messe da parte le maschere (la speranza in un mondo migliore, la capacità di renderlo tale), resta ancora qualcosa? Pare di no, considerando che i pezzi elogiano l’afasia e il non potersi più definire, culminando nella citazione montaliana “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” in “Fenditure”. Ma forse è proprio negli interstizi di quei silenzi che può mostrarsi la vita: attimi fuori dal tempo, sensazioni spogliate da tutto il resto. Un’intensità di cui la musica è senz’altro uno dei vettori. Per questo, nonostante il mutismo e la mancanza, l’umore del disco è tutto sommato positivo, l’atteggiamento è battagliero: una punta di nostalgia per le convinzioni perdute, ma anche una sognante apertura verso il futuro. Un altro bel lascito dei Kina.