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INSANITY, Visions Of Apocalypse

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Gli americani Insanity appartengono al club di quei gruppi (oggi di culto) che, a causa di una serie di eventi tragici, non hanno mai conosciuto una vera e propria consacrazione. La scomparsa prematura del cantante e membro fondatore Joe DeZuniga nel 1987 rappresentò infatti all’epoca un colpo durissimo alle ambizioni di questa band, impedendole di sottoscrivere un contratto importante con la Nuclear Blast. Tuttavia il successo del demo Live Rehearsal del 1985, oggetto di un tape trading assiduo, avrebbe favorito, con molto ritardo, la pubblicazione nel 1994 del loro unico album Death After Death, manifesto autentico di un death serrato, veloce e tecnico, contaminato da numerose incursioni in territori thrash.

Il gruppo si è riformato nel 2005 intorno al cantante/chitarrista Dave Gorsuch, unico fondatore superstite, coadiuvato dal chitarrista Ivan Munguia, già noto per i suoi trascorsi nella fila di Brain Drill e Deeds Of Flesh. Il processo di scrittura del nuovo disco, dopo vent’anni di stop, si è rivelato pertanto particolarmente lungo ed è stato intervallato soltanto dalla pubblicazione di un demo contente gli stessi pezzi in forma grezza. I problemi di line up, dovuti anche alla morte del batterista Bud Mills, non hanno scalfito la determinazione ferrea di Goursuch, che negli ultimi mesi del 2015 ha dato alla luce Visions Of Apocalyse, guidando una band in cui, oltre a Munguia, sono arruolati in pianta stabile Falko Bolte a basso e voce e Juan Casarez alla batteria.

Al primo ascolto è palpabile la sensazione di un ritorno alle sonorità death metal di fine anni Ottanta, complice una produzione potente e equilibrata, che restituisce un suono caldo, lontano dalla recente plastificazione del genere. L’aggressività dei vecchi tempi è intatta: tutti i brani sono nervosi e veloci (“Mortification” e “Tired” su tutti), ricchi di scambi solistici virtuosi (“Sacrefixion”) e di un’energia dirompente (“Dread The Dawn”), appunto nel solco del death più tradizionale. La canzone che dà titolo al disco, di lunga durata e arricchita da una singolare introduzione melodica affidata a samples e tastiere, è quella che meglio ne rappresenta la struttura compositiva, non solo per la varietà delle partiture ritmiche (che si intrecciano e sovrappongono in modo ottimale), ma anche per un rifferama implacabile e spezzacollo.

Gli Insanity sono tornati alla grande e gli amanti dell’old school death metal se ne accorgeranno di sicuro.