I dischi di Neu Radio: Steven Julien, Kinkajous e Midland

Per fortuna che c’è Neu Radio a procurarci un po’ di black music.

Cristian Adamo – Lains for Lions

DJ-Kicks: Steven Julien

Dj Kicks! è la storica collana di K7, affidata per ciascun episodio a un dj/producer/musicista diverso. Questo è stato affidato a Steven Julien, conosciuto anche come Funkineven e fondatore della Apron Records. Steven Julien ha traslato il suo stile inconfondibile, tra electronica, beats, techno, house, coniugando le sue produzioni con brani presi tra presente e passato tra gli altri di Ryuichi Sakamoto, Dam Funk, Hudson Mohawke, Kyle Hall, The RAH Band e molti altri… e ultimo ma non per ultimo il nostro Brothermartino, presente anche nella versione vinile. Questo DJ Kicks, va oltre la compilazione, è un lavoro organico, con una visione ben chiara tra archivio e inediti.

Luca Garuffi – Stagione Zero

Kinkajous – Nothing Will Disappear

Disco dell’anno 2024, questo del progetto britannico Kinkajous, guidato dal batterista/produttore Benoît Parmentier e dal sassofonista Adrien Cau, insieme a Jack Doherty ai sintetizzatori/tastiere, Andres Castellanos al basso, per non dimenticare gli archi formidabili di Alan Keary. Nothing Will Disappear è cinematografico fino all’ultimo secondo: una commistione eterea di matrice jazz, che però spazia nei campi dell’elettronica più ossessiva e si muove verso momenti sospesi e fluttuanti che ricordano la collaborazione tra Floating Points e Pharoah Sanders.

“Dato che il nostro disco precedente era piuttosto oscuro e introspettivo, con questa musica volevamo fuggire in uno spazio diverso”, spiega Parmentier. “Volevamo che fosse più colorato, più motivato, spingendoci al contempo verso i limiti della fragilità e della vulnerabilità”.

Alberto Bello – Museek:Response

Midland – Fragments Of Us

Midland fa da sé e fa un lavoro eccezionale. Pubblicato sulla sua Graded, Fragments Of Us è un album necessario per bellezza e importanza nella nostra attualità. In un mondo che ha troppo da sindacare sulle scelte amorose e sessuali dei singoli, dedicare un disco alla cultura queer e alla sua storia, in ambito clubbing/discografico, è un gesto importante, che trascende dalla sola fruizione musicale e che restituisce un fotografia dell’esperienza personale di Henry Arthur Agius, produttore londinese che risponde all’alias Midland, ma che, nonostante il punto di vista soggettivo, offre un contributo storico concreto e veritiero della scena.
La cosa eccezionale è che né la musica né “il concetto” hanno un ruolo subordinato all’altro in questo disco. Musica, parole e concetto scorrono in maniera sempre interessante e armoniosa, senza mai essere l’una il solo accompagnamento dell’altro, e regalandoci un disco il cui ascolto è un vero e proprio gesto di piacere nei propri confronti.