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THE DOWNS, Spare Ribbed

Spare Ribbed

PPpffffwwwwwoooooo…

Nel seminterrato la macchina del fumo sbuffa pesantemente e la nebbia fredda si mischia ai taglienti flash dello strobo. Lo strobo è sadico senza lenti, nessun filtro, nessun colore. Resta il dolore, lampi di luce bianca, cruda, mentre dal cuore nero delle casse vibrano i The Downs. Nel fumo si agitano una trentina di corpi. Ondeggiano decadenti, avvolti in pelle, t shirt sgangherate, il metallo luccica, cowboy della mezzanotte, ognuno balla per sé, non ci si sfiora, non ci si guarda, occhiali da sole sotto terra, “Pleasure Gusset”, nessuno chiede di tornare in superficie…

La musica è sensazione. La musica è prima di tutto idee. E bisogna averle chiare per sfornare un disco anche solo sufficiente. Figuriamoci per inciderne uno ottimo.
L’introduzione è stata frutto della mia coscienza intossicata da Spare Ribbed dei Downs, band di Glasgow, Scozia, prodotta dalla Stabbed In The Back Records di Luigi Pasquini.
Noise rock. Lo-fi. Gothic surf. Batcave.
Ottimamente amalgamati.
Perché le idee sono tante. E i Downs sanno come metterle in ordine.
La prima volta che ho ascoltato il disco ho pensato a un incidente autostradale. Avete presente Crash di Ballard? Qualcosa del genere.
Come se la scuola dark e post-punk di Bauhaus, Pere Ubu e Red Lorry Yellow Lorry fosse stata vittima di un tremendo frontale con l’alternative/indie rock più abrasivo e psicotico del momento.

Districare la vittima dalle lamiere è pressoché impossibile. Si rischia di strappar via qualche arto, di recidere questa o quella giugulare, compromettere per sempre tendini e cartilagini. La creatura morirebbe dissanguata in pochi secondi. C’è così tanta polpa in Spare Ribbed, così tanta bella ciccia, che vi sazierete dal primo all’ultimo minuto. Tanta carne e niente orpelli. Si va dritti al sodo, al nucleo del genere, all’oscuro cancro dark wave che si espanse in Europa sul finire dei ’70 e che è qui riproposto con un sound impeccabilmente lo-fi, privo di tonalità, grigio e asciutto, sporco come i pensieri di un feticista alcolizzato.

PPpffffwwwwwoooooo…

La macchina del fumo vomita un’altra volta. Non luccicano solo gli specchi. Anche il sudore e i denti bianchissimi di chi ha la faccia sfigurata da una smorfia di piacere. Si sta bene in basso, si sta bene al buio, è come il sesso, è il come il sangue, si sta bene tra i fantasmi…