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THE EX & THE BRASS UNBOUND, 2/6/2012

The Ex

Bologna, Piazza Verdi.

Non è un’estate facile questa per la città felsinea. I continui movimenti della terra sottostante sono davvero insopportabili, e c’è bisogno di leggerezza, senza dimenticare la riflessione e la solidarietà. Il concerto di apertura della rassegna estiva organizzata dai tipi del Locomotiv ci dà la possibilità di uscire per pochi istanti da una situazione al limite della paranoia.

Gli olandesi non hanno bisogno di ulteriori presentazioni: hanno fatto la storia dell’anarco-punk europeo (suonano da più di trent’anni) e sono altresì celebri per avere collaborato con fior di musicisti, e per aver innestato nella loro musica istanze terzomondiste (ma non solo) senza mai passare certi limiti.

Puntuali e senza troppi preamboli, salgono sul palco e cominciano una sequela di canzoni apprezzate dal numeroso pubblico presente. La principale attrazione, almeno per il sottoscritto, è però la sezione fiati, che definire mostruosa è dir poco. Roy Paci alla tromba, Ken Vandermark al sax baritono e clarino, e l’immenso Mats Gustafsson col suo enorme saxofono che tanto somiglia a un’arma da guerra. Inutile aggiungere che loro danno un tocco in più ad un’esibizione che in fondo potrebbe definirsi di routine. Affermiamo tutto ciò in virtù di una semplice considerazione: gli olandesi, senza i tre, sarebbero davvero soltanto un quartetto di onesto rock da dopolavoro. Non ce ne vogliano, ma davvero fanno solo la figura di chi si sforza di riproporre i soliti canovacci, magari ampliando la proposta col ripescaggio nelle culture altre, rischiando una leggera sensazione di tedio, che in effetti arriva. La nostra tesi trova conferma nel fatto che l’audience, fatti salvi i soliti volti degli aficionados della prima ora e dei jazzofili più intransigenti, è lì solo per ballare e per far baldoria. Ora, anche se la questione può sembrare certamente capziosa, pone comunque secondo chi scrive più di un interrogativo. Dove si vuole andare a parare? Perché dopo un paio di pezzi (peraltro belli) il tutto assume le sembianze di una festa di paese dove a fianco della parola combat non c’è più il jazz ma una scontata forma di folk? Tutti interrogativi, questi, che hanno purtroppo condizionato una serata certamente piacevole, ben congegnata da musicisti seri e con un buon approccio compositivo. Però adun certo punto sembrava davvero di stare in una qualsiasi festa di paese con le musiche popolari, il vino e i look sgargianti delle bellezze locali. Forse pecchiamo di vanità critica e di snobismo, ma che peccato ascoltare rapiti gli inserti della notevolissima sezione fiati persi in tanto convenzionale coté.

Grazie a Michele Maglio per le foto.