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TRAPCOUSTIC, Shell

trap

And at the end I never received affection. I never received love. I ended like a flower. Cut before it blooms. – The Flower

Trapcoustic è giunto al terzo album per la romana Geograph (dopo Bonsai Heart e il successivo Innerlands), ma la discografia con questo nome è molto più corposa. Trapcoustic è sostanzialmente il vestito pop (e malinconico) del prolifico Stefano Di Trapani, ve ne accorgerete sin dalle prime, storte note di “Colors And Demons”, e qui pensate pure a un misconosciuto autore della Roma dei Settanta che compone fragili canzoni per un ipotetico film di Dario Argento. Più lo si ascolta e più si fanno vivi i fantasmi del passato, soprattutto l’idea di questi fantasmi, un’idea che contempla arrangiamenti curati e al limite del barocco, anche se sempre ricoperti da un alone polveroso: in “Reordering My Mind”, ad esempio, sono sempre molto fantasiosi, poi a questo riguardo faccio cenno anche alla strana e scintillante “Blue Secret”, al finto (?) clavicembalo della filastrocca “The Spell” e alla funerea “The Flower”. In fondo Di Trapani si muove con destrezza tra le ragnatele del pop, quindi non deve meravigliare che questo Shell possa esser visto come il personale tributo a quelle passioni, non sta a me elencarli ma a voi immaginarli gli esempi mentre ascoltate quest’uscita a suo modo piuttosto originale e fatta con una cura certosina, anche nei testi. Inoltre va aggiunto che Di Trapani non si vergogna affatto di risultare a tratti melenso e teatrale (succede in “Split”), come Meat Loaf che all’improvviso scopre la misura grazie alla frequentazione di Harry Nilsson, o vistosamente melodico, decisivo l’arrangiamento con le campane (!) di “We Fight For Love”, forse il vertice dell’intero lavoro. Chiude il cerchio la notevole copertina di Francesca Grossi.