ZEITKRATZER, Whitehouse

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Le famigerate “cattedrali noise” di William Bennett sono qui rilette dall’orchestra “rumorosa” per eccellenza, quella dei tedeschi Zeitkratzer, dei quali ci occupammo poco tempo fa, nello specifico del loro sodalizio con un altro outsider non da poco: Keiji Haino. Il disco è stato registrato in Francia nel 2013, dopo che c’era già stata un’uscita simile, andata poi sold out nel 2010. Con l’apertura di “Daddo” si fa parecchio sul serio, tra estenuanti dissonanze e lo sferragliare preciso degli archi, in un miscuglio tribale e con la voce ipnotica proprio di Bennett, mentre la ieratica “White Whip” è viaggio ancestrale e poco raccomandabile verso ignoti spazi profondi. “Incest” e “Foreplay” somigliano poi a un tremendo mal di testa, di quelli che stanno per accopparti all’improvviso, tanta è l’insostenibilità del tutto (queste rivisitazioni sono alquanto “sinistre”). La finale “Fanatics” chiosa il tutto con storture che sanno di industrial sempre minacciosa, à la Throbbing Gristle, per intenderci. In sostanza trattasi di un altro tassello da aggiungere al mosaico delle riletture approntate dal coraggioso ensemble teutonico. Solo per appassionati di questo genere di operazioni.

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