YUR MUM, Road Rage

YUR MUM Road Rage

A volte nella musica si inciampa, la si scopre senza preavviso, proprio come mi è accaduto con i londinesi Yur Mum, band che si autodefinisce multi-culturale e miscela stoner, blues, punk e altro ancora all’interno di una formula tanto asciutta nella sua semplicità quanto coinvolgente. Beccati, appunto per caso, come spalla degli Adolescents all’Underworld quest’estate, ho deciso di portarmi a  casa come souvenir l’album Road Rage che da allora è diventato ospite fisso del mio stereo. Nulla di particolarmente elaborato o inusitato, piuttosto un rock che strizza l’occhio al suono del deserto ma anche alle riot grrrl, agli anni Novanta e al punk a stelle e strisce, catchy ma non cheesy se mi si passa il gioco di parole. Ciò che conta è che i brani alla fine si infilano in mente senza troppa fatica e danno la giusta botta di energia, tanto da spingermi a consigliarne l’ascolto proprio per la capacità di riportare alla luce una forma di rock alternativo (ormai quasi una parolaccia) privo della stucchevole patina da talent e dei coretti radiofonici, con i suoni sporchi e “grossi” al punto giusto, una voce graffiante e roca come si conviene a chi voglia snocciolare un blues come “Happy Mantra”, che non sarebbe dispiaciuto a Lemmy. Insomma, con tutto ciò che si addice a una musica nata per colpire dal vivo ma non per questo incapace di lasciarsi apprezzare una volta fissata su disco. It’s only rock’n’roll, ma di quello fatto con la tenacia e il piglio di chi ha respirato l’aria consumata dei locali e, dopo il concerto, si è fermato a fumare al buio nel vicolo con la birra in mano e la stanchezza addosso. Nessuna pretesa, molta umiltà e voglia di condividere la propria passione, tutti ingredienti che non fanno probabilmente la prossima “big thing”, ma possono insegnare un paio di cosette a chi pensa di potersela cavare con lo studio fico e qualche trucchetto di post-produzione. Magari capiterà di inciamparci ancora, magari ne perderò le tracce e resteranno solo il ricordo di una gita londinese, ma di sicuro hanno saputo intrigarmi al punto giusto da decidere di parlarne con voi. Molto più di quello che mi è successo qualche giorno dopo con il ben più blasonato nome messo di spalla agli Iron Maiden e di cui davvero non mi è rimasto addosso nulla. Bene così.

Tracklist

01. Prelude
02. Maybe
03. Oranges In May
04. Doors
05. Igor The Gypsy
06. Happy Mantra
07. Crazy
08. Outtadaway
09. Summer of Hate
10. Dr Zsolt
11. The End