XIN, To Shock The Sky And Shake The Earth

Insomma, Subtext è una scuola. Porter, Jebanasam e i padroni di casa Emptyset si assomigliano e cercano altri come loro, penso a Fis oppure a Joshua Sabin e adesso a Xin: non dice chi è, non dà un sua foto, ma riferisce che abita a Berlino e che ha deciso di mettere in circolo quest’ep d’esordio solo attraverso piattaforme digitali indipendenti, senza stampare tra l’altro alcunché.

Soprattutto se uno ha presente l’ultimo Jebanasam, capisce cosa intendo quando parlo di un sound sul punto di rompersi e di spaccare le casse, che sembra rappresentare un paesaggio gigantesco, frastagliato e caotico: questa è anche la miglior descrizione di To Shock The Sky And Shake The Earth. In questi primi venti minuti, però, Xin cerca subito di sviluppare un proprio discorso: quando la fisicità dei suoi pezzi si fa insostenibile, passa da tensione a rilascio trovando un via di fuga ritmica (sia lineare, sia spezzata come la jungle), pur essendo tutto tranne che ballabile e decisamente più “da ascolto”, per quanto impegnativo. Non dimentichiamo che molti dei nomi fatti all’inizio sono quelli di persone che hanno mosso i primi passi all’interno della cultura del sound system e nei club (qualcuno infatti parla di “post-club”), non – di sicuro non solo – nelle gallerie d’arte, ma nel caso di questo disco sarebbe ingeneroso parlare di regresso o di ritorno a casa, perché i pezzi sono troppo destrutturati. Semplicemente, una volta che altri hanno più o meno scritto sulla lavagna questa formula molto essenziale, con la quale cercare un impatto estremo sul corpo dell’ascoltatore (far ballare significa di sicuro avere un impatto sul corpo, ma non così estremo), è naturale che chi arriva un po’ dopo sperimenti tutte le possibili combinazioni: sì, anche gli Emptyset continuano a essere ritmici, ma Xin non li imita di certo. Vedremo dove arriverà. Per ora – fossi in voi – cinque o sei euro per scaricarmi quest’ep glieli darei a cuor leggero.