HOW MUCH WOOD WOULD A WOODCHUCK CHUCK IF A WOODCHUCK COULD CHUCK WOOD?, S/t

How Much Wood Would A Woodchuck Chuck If A Woodchuck Could Chuck Wood

Esordio che mantiene le promesse per il trio torinese, vista la precedente e interessante uscita in combutta coi labelmates Father Murphy: scontato, troppo, accomunare Iside, Gher e Coccolo a loro, sarebbe un errore non riconoscerne le peculiarità. I ragazzi, infatti, si affrancano dai modelli di Zanatta & Co. e provano con caparbietà, riuscendoci, a reinterpretare la folk song in odor di Apocalisse che con evidenza tanto amano. Questo è il senso, pesante e tetro, del migliore doom folk, quello che non si lascia ingabbiare da particolari schemi e vaga nell’aria come meglio crede, capace pure, all’occorrenza, di farsi materia.

I tre dal nome impronunciabile, insomma, prendono per mano gli incubi e li accompagnano nella nebbia più fitta che ci sia (“Joy And Rebellion” può ricordare una scena di un film horror di Freddie Francis, visto l’inesorabile senso di incombenza che aleggia intorno ad essa). A Torino, del resto, alberga un bel malessere, ma direi soprattutto musicisti in grado di fare la differenza. Niente pose, quindi, piuttosto fatti chiari e incontrovertibili, che alla luce del sole giocano a carte scoperte quando meno te lo aspetti: gli How Much celano abilmente in coltri di feedback le melodie (lo speech sinistro di “Oh Dark”), che però a volte escono che è un piacere (“For Nobody”) nonostante la band tenga sempre sul viso quella maschera misteriosa che tanto ci affascina.

Non prendeteci per frettolosi, ma se queste sono le premesse, chissà cosa saranno capaci di fare al disco successivo. Intanto godetevi questo pugno di tracce pubblicate in vinile da Boring Machines e Avant! Records, gente che sa quello che fa.