WILL GUTHRIE, Sacrée Obsession

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Quando Will Guthrie suonò a Cesena a gennaio di quest’anno fu indimenticabile, ipnotico per la maestria e trascendentale per le atmosfere create. Fui entusiasta, perché il set si avvicinava molto alle sonorità del suo album a me più caro: Sticks, Stones & Breaking Bones (Antboy Music / Lespourricords / Gaffer / Electric Junk), un vortice violentissimo e iracondo di percussioni militaresche, folate di pelli tese e schermaglie acustiche. Non avevo mai pensato a cosa sarebbe potuto seguire a un disco di tale indipendenza, Snake Eyes e Stepped Stoned hanno fatto il loro dovere, ma ora che mi trovo ad ascoltare il nuovo bi-traccia “Sacrée Obsession”, uscito per quelli di iDEAL Recordings, mi rendo conto di come la quiete dopo la tempesta sia fondamentale e affascinante. Il nuovo album è composto da due registrazioni in luoghi diversi. La prima, “Timelapse”, è avvenuta presso la Chapelle Saint Jean a Mulhouse (Francia) il 28 agosto 2014: la chiesa funge da cassa di risonanza e pietrifica il vibrante suono di piatti e campane che Guthrie percuote leggermente per ascoltarne le vicissitudini: si tratta di un brano cosmico, che lavora fra lo spazio e le interconnessioni fra i vari suoni, quindi per 20 minuti si sta come in apnea, in balia di squillanti accenni di composizione. Guthrie comunque non rinuncia all’evoluzione a spirale che sempre lo caratterizza, e risucchia il risultato in pizzichi metallici che in conclusione solleticano il brano. Molto più eterogeneo il lato B con “Pacemaker”, registrato a Le Liu Unique a Nantes, che con il suo errante dark jazz drone avanza come una tempesta di sabbia per inghiottire qualsiasi suono provi a intromettersi. Il percussionista australiano ricerca possibilità ritmiche alternative per creare una continuità ipnotica ed irrefrenabile, quasi isterica mentre si concede una pausa finale nell’occhio del ciclone.