WIDE HIPS 69

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Come da tradizione, quando un gruppo ci intriga e riesce a suscitare la nostra curiosità, prendiamo la palla al balzo e cerchiamo di approfondire la conoscenza con l’intervista, proprio perché in questa sede è possibile scavare e scoprire le motivazioni che le hanno portate alla luce. Con un motto come “Live fat, die drunk!” e una cascata di note urticanti a cavallo tra garage e punk, le Wide Hips 69 (in realtà c’è anche un uomo in formazione) si sono aggiudicate il nostro totale supporto, nonché la curiosità di vederle in azione dal vivo. Ecco cosa ci hanno raccontato Cristina, voce, Lorena, chitarra, Daniela, basso, e Gabriele, batteria.

Ciao, presentaci le Wide Hips 69, come vi siete conosciuti e come è nata la band?

Cristina: Ciao, siamo le Wide Hips 69, siamo abruzzesi – di Teramo per la precisione (se non sai dov’è digita su Google Goodbye Boozy). Siamo gente seria, ma così seria, che ti stiamo scrivendo davanti a quattro bicchieri secchio di Montepulciano. Eccoci qua.

Daniela: Io, Lorena e Luciano (il nostro primo batterista) ci conosciamo da ragazzi (quindi dal giurassico). Cristina la vedevamo da sempre in giro per concerti e suo fratello faceva parte di una band storica (Tito And The Brainsuckers) Il nostro attuale batterista, Gabriele, lo abbiamo incontrato qualche anno fa in un’esibizione del suo duo. Era il batterista a cui ambivamo e lo abbiamo intortato con supercazzole, tette e alcol… È ancora con noi sotto coercizione.

Lorena: Nasciamo come gruppo di sostegno per donne sull’orlo di una crisi post punk e le nostre prime prove, senza ancora Luciano, si consumavano (assieme ai tanti alcolici) nel salotto di casa di Daniela, con strumentazione di fortuna (tipo il microfono di Hello Kitty delle sue figlie). La data di nascita ce la ricordiamo perfettamente: il 7 dicembre del 2010, di ritorno dal Concerto dei Sonics a Cesena, abbiamo pensato: se loro sì, perché noi no? ( Ehm… avete capito perché noi no?). Così passammo i 250 chilometri di ritorno dal concerto a sparare nomi davvero improbabili per la futura band e a convincere Luciano a fare una prova con noi. Da lì si è scatenata una vera e propria gara di solidarietà tra i nostra amici a cui facevamo tanta tenerezza che ci siam ritrovate in men che non si dica con magliette, spille loghi, servizi fotografici… il tutto senza aver mai suonato dal vivo!

Vi ha unito un’idea comune sulla musica che volevate suonare o rappresentate piuttosto la somma di quattro visioni/gusti differenti che si incontrano e miscelano?

Cristina: L’idea comune era quella di fare garage, così abbiamo iniziato a strimpellare qualche cover storica e a riadattare pezzi soul al genere. Quando poi abbiamo iniziato a comporre roba nostra i quattro gusti sono inevitabilmente usciti fuori e sono il risultato di ciò che sentite sul disco. Con l’ingresso di Gabriele nella formazione abbiamo avuto un ulteriore spintarella verso il punk.

Sono molti gli ingredienti diversi che finiscono triturati nella vostra pozione alcolica, tanto che risulta difficile definirvi con un genere specifico o farvi rientrare in una determinata scena. Quale è il vostro background come ascoltatori?

Gabriele: Il punk (oltre l’alcool) è il comune denominatore di tutti e quattro, anche se ognuno di noi ha le proprie divagazioni che spaziano dal funky al blues, dal soul (molto soul!) al metal. I diversi ascolti ovviamente influenzano la composizione dei nostri pezzi. Il non essere inquadrati in un genere specifico ci lusinga da un lato e dall’altro ci penalizza. L’ambiente musicale è mooolto settoriale, così risultiamo troppo garage rock per i punk, troppo garage punk per il rock, troppo punk rock per il garage.

E come musicisti? Avete già precedenti esperienze in band o comunque legate alla musica?

Cristina: Io ho cantato in un coro gospel e in vari gruppi cover (del cazzo si può dire?), Daniela in una girl band di liscio (Golden Girls) ed una di rock che lei stessa definisce rock “adriatico” ( i Liuda) e Lorena suonava sbronza a casa sua. Gabriele invece suona da tempo immemore in una band hardcore (Affluente) e in una di garage punk lo-fi (Singing Dogs).

“Live fat, die drunk” è un grido di battaglia che vanta ben pochi rivali, per non parlare del vostro nome e del titolo “Menopause”. Da cosa nasce quest’attitudine a cavallo tra (auto)ironia e spirito iconoclasta?

Daniela: Nasce dalla presa di coscienza del fatto che non abbiamo né l’età (a parte il batterista, beato lui) né il fisico per prenderci troppo sul serio, quindi suoniamo spassionatamente per divertirci (come citiamo in “Girl Panic”). Se poi chi ci ascolta si diverte con noi, “strapposto” (traduzione: è ok). D’altra parte il mondo è pieno di musicisti che si prendono troppo sul serio, come recitiamo anche in un nostro pezzo (In my city, there are a lot of music stars…). Nei nostri pezzi parliamo di storie che ci sono realmente accadute, e che raccontiamo in chiave ironica e scanzonata.

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Quale è stato finora il momento più esaltante vissuto come band? Vi è mai capitato, al contrario, di pensare “Chi ce lo fa fare?”

Daniela: Quando mi hanno detto che il nostro cd sarebbe stato prodotto da Area Pirata.

Gabriele: Sicuramente il concerto al CSOA Scurìa di Foggia. È stato uno scambio di energie tra noi e il pubblico davvero emozionante.

Lorena: A Napoli, concerto al Molosiglio. Situazione e gente indimenticabili!

Cristina: Se penso allo spirito con cui siamo nate e poi guardo indietro mi vengono i brividi nel vedere quanta strada abbiamo fatto. Cose impensabili per un gruppo di amici nato per ammazzare la tristezza dei lunghi pomeriggi domenicali di provincia. Aprire i concerti a band internazionali, festival, compilation, servizi fotografici, video, etichette che ti contattano, recensioni su riviste che compero da anni…ogni volta mi stupisco.

Chi ce lo fa fare? L’open bar! (in coro)

Il disco è uscito per Area Pirata, come è nata questa partnership?

Lorena: Abbiamo contattato una delle storiche etichette italiane che potevano essere interessate a produrre il nostro lavoro. I brani sono piaciuti e si è creata subito empatia e totale fiducia. Con pazienza abbiamo atteso ci fosse spazio per poterci inserire nel loro roster e siamo contentissime di farne parte.

Conoscete altre band del loro roster?

Cristina: Ne conosciamo diverse come The Kaams, The Secret Tapes, gli storici Sick Rose, altre le abbiamo viste dal vivo come i Fuck Nights, Dome La Muerte & The Diggers, i Morloks. Altre le abbiamo chiamate a suonare dalle nostre parti, come ad esempio The Bidon’s, e i Golden Shower

Band preferite?

Daniela: Di casa nostra Digos Goat, Wild Weekend, nella scena internazionale posso citare Mudhoney… gli altri son tutti morti.

Lorena: Idem come Daniela aggiungo The Cyborg, Plutonium Baby, Chronics, The Rippers, The Barsexuals, gli Inutili. All’estero The Gories, Compulsive Gamblers, JSBE.

Cristina: Inutili, Cogs, Wild Weekend. All’estero Ty Segall, i Morloks, Doo Rag.

Gabriele: Movie Star Junkies, Contrasto, Hobophonic su tutti, Sud Disorder e tanti altri che ruotano nella scena attuale dell’hardcore. Per quella internazionale posso citare Nine Inch Nails.

All’unanimità, The Sonics e tanta bella roba che esce da quel miracolo di etichetta che è la GoodBye Boozy, dalla Welcome In The Shit e della Primirive Records, vanto del nostro territorio.

Avete scelto di registrare il disco “live in studio” per non perdere la botta di energia e riproporre l’atmosfera dei vostri concerti, una scelta coraggiosa e azzeccata. Raccontateci un po’ come è nata questa decisione e come vi siete mossi per realizzarla.

Daniela: Il nostro intento era proprio quello di non discostarsi troppo dal sound che esce fuori dai nostri concerti, sporco ed impastato, e detto-fatto, ci siamo messi alla ricerca della sala di registrazione più lercia e lo-fi della città e avevamo già in mente la persona giusta (Diddio Records). Il nostro amico Rosario Memoli (The Provincials), che ci conosce bene, è riuscito a dare la giusta piega al suono finale di Menopause.

Cosa dobbiamo aspettarci a questo punto dai vostri live, che atmosfera si respira? Avete già qualche data in programma?

Gabriele: L’atmosfera che si respira? Beh, dipende da cosa abbiamo mangiato. Ad esempio mai darci dei legumi per cena e soprattutto mai rispondere a certe domande dopo il terzo giro di vino. Dai, serio, aspettatevi quattro persone che si divertono estremamente a suonare e stare assieme, che non studiano passi di danza o battute a tavolino. È tutto spontaneo, travolgente e a tratti esilarante. Warning! Aspettatevi molestie sessuali da parte di Cristina (per le quali abbiamo un modulo per denunce da compilare a fine concerto) sul nuovo pezzo “Toy Boy”.

Lorena: Abbiamo diverse date che cerchiamo di far quadrare con gli impegni lavorativi dei componenti del gruppo (questa è la vera sfida!) Siamo mooolto scaramantici quindi non ve le diremo ma in pentola bolle parecchia roba gustosa, seguiteci sulla nostra pagina Facebook dove troverete tutte le info.

Progetti in cantiere? Cosa prevede il futuro prossimo per i Wide Hips 69?

In coro: Un film porno amatoriale, un libro di ricette, un corso di elettronica e trovare ingaggi alle feste patronali. A parte gli scherzi… suonare il più possibile e trovare un ingaggio da 50.000 euro c.d.a. o q.b. (IVA esclusa). Niente, non ci riusciamo ad essere seri. Negli sprazzi di lucidità rimasti possiamo dirvi che abbiamo in cantiere un ep e un altro video .

Grazie mille, last famous words…

Live fat, die drunk!