VOID OF SLEEP, Metaphora

VOID OF SLEEP, Metaphora

I Void Of Sleep arrivano alla soglia del fatidico terzo album con una formazione rinnovata dall’entrata di Andrea (Nero di Marte, al basso) e Momo (Postvorta, alle tastiere e synth) oltre alla voglia di spingersi ancora oltre con il loro linguaggio fatto di chiari e scuri, spinte ascensionali di matrice psichedelica e cavalcate di chitarra tra stoner, sludge e post-metal (Georgia su tutti). Rispetto al passato, però, questa volta la paletta in dotazione si amplia ulteriormente e la band sembra voler mettere quante più armi possibili al servizio di un’opera che si pone come obbiettivo il fotografare una società segnata – nelle sue stesse parole – da paura e odio, relazioni sociali e civiltà in crisi, apatia ed emarginazione. Anziché lasciare intuire con brevi tratti di matita, i Void Of Sleep donano una dimensione epica e corale all’affresco che presentano al loro pubblico, un quadro in cui colori accesi e tenui, pennellate dai contorni decisi e sfumature si alternano senza soluzione di continuità in quella che diventa una rappresentazione tanto ricca di pathos quanto capace di lasciarsi andare a divagazioni in grado di mettere in mostra la perizia tecnica dei musicisti coinvolti. Come già sottolineato in occasione dei precedenti album, la forza rimasta anche oggi immutata negli autori di Metaphora è proprio la capacità di non perdere mai di vista la creazione di composizioni ricche di appeal e in qualche modo leggere nel loro parlare in modo semplice (ma non semplicistico) all’ascoltatore. Non aspettatevi insomma una qualche operazione sopra le righe volta a mettere in mostra incredibili esercizi di forma fine a sé stessa, perché basta un giro su “Unfair Judgement” per comprendere come la cifra principale resti comunque quella del riff e del suo interagire con clean vocals dal piglio deciso eppure delicato, mai urlate o sopra e righe e al contempo epiche nel loro librarsi verso l’alto con un effetto psichedelico che confonde ulteriormente acque già agitate dalle mille lingue che si parlano al loro interno. Per questo, il terzo disco appare ancor più che in passato rivolto ad un pubblico vario e restio a lasciarsi incasellare in una qualche gabbia di genere: di sicuro non si può parlare di un lavoro vincolato al concetto di estremismo nell’accezione metal del termine, seppure non manchino la distorsione e l’energia di chitarre come quelle che aprono la successiva “Master Abuser”, brano capace di far sporcare anche la voce e di rimettere ancora una volta tutto apparentemente in discussione. È, insomma, un continuo cambiare pelle e seguire un filo narrativo ricco di colpi di scena e variazioni di umore, proprio come si richiede ad una storia avvincente e mai monotona, pensata per intrigare il pubblico e aumentare la suspense. Non manca nulla, neanche aperture prog che potrebbero richiamare alla mente la voglia di mettersi in gioco dei Voivod o di certo avantgarde metal di fattura pregiata (non le pacchianerie da fanfare e cori lirici fuori contesto), eppure si riesce miracolosamente a sfuggire la trappola del pretenzioso così da reggere il tutto con una sorta di metodo nella follia. Morale, prova del terzo album superata, soprattutto se avete apprezzato i primi due capitoli non potrete che apprezzare anche Metaphora e questa nuova prova di coraggio firmata Void Of Sleep.