VISCERA///, 3: Release Yourself Through Desperate Rituals

I Viscera/// non sono certo una scoperta dell’ultima ora per chi scrive.

Ho seguito e osservato tutto il tragitto che li ha portati a questo capitolo finale della trilogia della percezione, attraverso prove in solitaria, split e collaborazioni originali, come quella con Caith Sith. Per questo motivo era tanta la curiosità di ascoltare il nuovo materiale, soprattutto per scoprire in che modo avrebbero affrontato la complessità di un intero album a ben sette anni dal precedente 2: As Zeitgeist Becomes Profusion Of The I.

Se l’iniziale “Über-Massive Melancholia” colpisce nel segno e dimostra quanto la formazione sia riuscita a rafforzare e completare la propria folle miscela a base di post-metal dai forti rimandi black, grindcore, ambient, d-beat e psichedelia, è con il secondo brano che emerge la firma della band: il fatto di riuscire ad accostare, e rendere perfettamente funzionali, spunti inavvicinabili, grazie alla capacità di fondere scream disumani con clean vocals rassicuranti, riff imbevuti di oscurità e violenza con melodie che colpiscono con ancora più efficacia.

Risulta davvero difficile descrivere l’interazione tra le varie componenti di un suono nel quale convivono pulsioni opposte, fuse tra loro e non solo affiancate.

Dimenticatevi i saliscendi del post-core o i coretti di certo estremismo giovanilistico. Qui si parla di qualcosa di decisamente personale e distante dai soliti trend, soprattutto perché l’aspetto più inquietante è l’elemento “clean”, non quello “cattivo” tipico del loro sound. Un paradosso che si riflette nell’apparentemente innocua foto in copertina, dove è ritratto tal reverendo Jim Jones, uno che nella vita qualche danno l’ha fatto, entrando nell’immaginario collettivo. Proprio come la voce carezzevole del reverendo doveva suonare confortante ai suoi proseliti mentre bevevano il veleno, così i Viscera/// più pericolosi sono quelli amichevoli che non ti aspetti e che ti portano ad abbassare la guardia, a canticchiarli e seguire le linee melodiche eteree. È a quel punto che scatta la trappola e il veleno fa effetto.

3: Release Yourself Through Desperate Rituals non è un disco difficile da apprezzare o troppo ostico, ma un lavoro costruito su più livelli che si aprono ascolto dopo ascolto per svelare sempre più la sua reale natura, quella di un predatore privo di qualsiasi senso di colpa.