VIRTA, Hurmos

Scandinavians do it better. Non c’è niente da fare, ai musicisti scandinavi riesce proprio bene quell’ibrido di jazz rock e fusion, solo all’apparenza algido, che strizza l’occhio tanto all’elettronica quanto al post-rock. E così Hurmos, secondo disco di questo trio finlandese, si inserisce in modo perfetto nel filone di band quali Jaga Jazzist, Supersilent, Tonbruket, Bushman’s Revenge… Un titolo che starebbe benissimo nel catalogo della Rune Grammofon e che esce invece per la Svart, che conferma così il suo proverbiale eclettismo.

Il lavoro è estremamente godibile, per nulla ostico senza per questo essere nemmeno troppo addomesticato. I Virta giocano su più piani sovrapposti, stendendo tappeti ritmici intricati su cui si depositano strati sottili di chitarre, tastiere e manipolazioni elettroniche molto discrete, il tutto completato da una tromba pulitissima, in grado di sfornare aperture melodiche memorabili, come in “About To Fly”, brano dal respiro quasi cinematografico.

In alcuni – rari – momenti sembrano avvicinarsi pericolosamente a certi tardi Pink Floyd un po’ annaquati (“Time Travel”), mentre piacciono decisamente di più quando i ritmi si fanno più nervosi e le strutture perdono la loro rigidità formale (“Härmä, The Landing”) svelando una vena free form davvero accattivante, o quando accelerano sciogliendo del tutto le briglie come in “On The Run”, posta in chiusura, costruita su un formidabile pattern ritmico stile drum’n’bass e tagliata in due da un solo di synth (o forse è una tromba opportunamente trattata) davvero memorabile.

Ottimo lavoro, che a conti fatti pende più dal lato rock della bilancia e meno da quello più propriamente jazz, che merita sicuramente l’attenzione di chi è avvezzo alle coordinate, e non solo.

Nel momento in cui andiamo on line l’album è in ascolto integrale qui.