Vi facciamo conoscere i Voronoi, ospiti di Ombre Lunghe 2018

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Ombre Lunghe è ormai un appuntamento fisso per l’elettronica a Bologna. Un festival diviso in tre giornate – com’è ormai consuetudine – che quest’anno vedrà ospiti prestigiosi (un nome su tutti: Andrea Belfi) alternati a nuove scommesse.
Per l’occasione abbiamo pensato con lo staff di fare la conoscenza di questo duo, composto da Luca e Matteo, che è arrivato al secondo disco in formato lp, dopo una cassetta omonima uscita nel 2017. I ragazzi sono consapevoli della strada ancora da fare, ma le premesse sono buone, basta ascoltare il loro nuovo album, che l’etichetta, la OOH-sounds, descrive così: Vis-Viva esplora il comportamento dei suoni in un ambiente sperimentale asettico svelando un diverso presente di fantasia digitale. Fidatevi.

Vi ispirate a un matematico russo, usate strumenti elettronici e mi par di capire che avete a cuore l’interazione della musica con le immagini. Quanto è difficile emergere in un panorama come quello odierno, dove sono in tanti a fare più o meno quello che fate anche voi? Lo sapete meglio di me…

Matteo: È vero che c’è molta produzione di musica elettronica, ma penso davvero che non basti usare un laptop e avere un proiettore per condividere lo stesso panorama. L’attitudine, l’estetica e l’immaginario sono questioni molto complesse da condividere, e si può tranquillamente abitare su pianeti molto distanti fra loro. Noi stiamo cercando innanzitutto di produrre qualcosa che ci soddisfi, ma che al tempo stesso abbia un valore all’interno del panorama nel quale ci muoviamo. Di formazione siamo musicisti e non ci interessa particolarmente l’interazione con le immagini, siamo molto focalizzati sull’aspetto scultoreo del suono e prestiamo molta cura alla ricerca timbrica. Per quanto mi riguarda, penso che per emergere in una scena servano tempo e tanto lavoro, noi per il momento non abbiamo fretta, preferiamo portare avanti un discorso solido e non stiamo cercando nessun tipo di scorciatoia.

Quali sono le esperienze dalle quali partite? Mi riferisco a quelle musicali naturalmente, ma anche a quelle estetiche, la notevole copertina del disco mi stuzzica, e ideologiche…

Luca di base è un contrabbassista, con una grande passione per il jazz, dub e Vladislav Delay; anche io ho un passato da musicista, ma dopo la fase post-rock e math-core mi sono trasferito a Bologna, ho iniziato a studiare musica e ho approfondito i miei gusti.
Io e Luca ci siamo conosciuti durante un corso di produzione musicale, uno dei test era comporre un brano di musica elettronica con un synth vintage. Siamo capitati nello stesso gruppo e lavorando insieme si è creata subito una bella intesa. Avevamo a disposizione una Roland 808, un Yamaha CS10 e un ARP2600. Ovviamente il brano che è uscito fuori era troppo sperimentale per il docente e non ci è andata benissimo. Durante la realizzazione dell’album ero particolarmente ossessionato dai video di simulazioni di comportamenti di oggetti / fluidi realizzati con software di modellazione 3D, anzi, penso di esserlo tuttora… Sempre nello stesso periodo stavo leggendo “La Schiuma Dei Giorni” di Boris Vian e “L’Illusione dell’Immortalità” di Jean Baudrillard, che contenevano una parte interessante che parlava delle connessioni fra la patafisica e l’oggetto scientifico. In ogni caso è sempre un processo strano quello di ascoltare quello che si è realizzato e provare a capire quali sono stati i riferimenti visivi o letterari, perché in realtà è stato per la maggior parte un dialogo inconsapevole.
Per concludere si può dire che il titolo del disco si riferisce allo stupore, quasi infantile, che abbiamo quando siamo di fronte a un oggetto con una densità strana o che si muove in modo per noi inconsueto. Anche i titoli dei brani sono riferimenti personali che mi ricordano quello stupore.
La copertina è stata realizzata da Natalia Trejbalova che ci sopporta dagli inizi. Oltre ad essere un’artista visiva molto brava è stata in grado di tradurre a livello visivo quello che noi non saremmo mai stati in grado di esprimere.

In effetti, ascoltando Vis-Viva, si capisce che non vi piacciono strutture pre-definite, ad esempio anche il mix che avete affidato a Jesse Osborne-Lanthier dimostra la voglia di seguire canoni meno scontati del solito. A me la vostra musica ha ricordato, per spirito, certe cose dell’underground americano dei Novanta/Duemila (dai Matmos fino alle uscite “acid” della Peak Oil), ma anche alcune produzioni della Haunter Records. Siete d’accordo con questa mia lettura? Quali i musicisti che vi hanno ispirato di più?

Già da molto giovane ricordo di essere sempre stato attratto dai tempi sghembi e scomposti, anche quando suonavo il basso elettrico facevo davvero fatica a suonare in 4/4. Luca invece, che ha suonato per anni jazz, sa meglio di me che in una struttura ritmica gli accenti si possono distribuire in modo libero. Così abbiamo iniziato a creare i primi beat dal vivo, suonandoli. Senza cercare a tutti i costi di fare qualcosa di strambo, anche un ritmo molto semplice che non è strettamente legato ad una griglia sembra più vivo.
Ci siamo accorti subito che la cosa funzionava, era un modo divertente per uscire dalla rigidità ritmica della techno o dal manierismo ultra-randomico degli algoritmi.
In effetti, ora che mi ci fai pensare, c’è qualcosa che può ricordare i Matmos, anche qualche uscita della Haunter, mi vengono in mente Weightausend e Somec.
Poi più in generale posso farti qualche nome di artisti che abbiamo ascoltato molto o che stiamo ascoltando in questo periodo: Mark Fell, Gábor Lázár, Burial, “Stellar Regions” di John Coltrane, Flying Lotus,  Grischa Lichtenberger, Frank Bretschneider, Alva Noto, Renick Bell, Zuli, Calum Gunn, Justin C. Meyers.
In ogni caso ti direi qualsiasi artista che abbia una forte consapevolezza nel gestire metrica e timbrica.

Siete al secondo disco, il primo era una cassetta, li avete entrambi pubblicati per una piccola etichetta, la fiorentina OOH-sounds. Avete già del materiale pronto per un nuovo album?

Aver avuto la possibilità di lavorare con Michi di OOH-sounds è stata una bella fortuna, ci ha fatto crescere molto. Sono contento che l’etichetta stia prendendo un respiro più internazionale con le prossime uscite in programma. Durante quest’estate, passata interamente a Milano, abbiamo raccolto molto materiale. È uscito fuori qualcosa di ancora più asciutto e radicale ma anche con una forte componente giocosa. Non vediamo l’ora che sia pronto!

Sarete ospiti a Bologna dell’imminente Ombre Lunghe. Avete preparato un live-set apposito?

Conosco Ombre Lunghe si può dire dagli inizi, e sono davvero felice di essere loro ospite in questo festival.
Solitamente ci piace rivedere ogni volta il nostro set per adattarlo al contesto che ci ospita, anche in questo caso è andata così. Ovviamente ci saranno parti del disco, parti della tape ma anche molte cose inedite, tra cui una parte registrata da Luca al contrabbasso.