UNIFORM, Wake In Fright

Gli Uniform sono Ben Greenberg e Michael Berdan: il primo stava nei rumorosissimi The Men, sempre dunque in orbita Sacred Bones, etichetta che licenzia anche questo Wake In Fright, mentre Berdan proviene da realtà post-hardcore come Drunkdriver e York Factory Complaint. Il risultato in termini di suono è l’esatta sommatoria dei loro curricula, cioè un misto di rabbia punk gridata fino alla defenestrazione delle tonsille, riff ignoranti e ritmiche industrial. Rispetto ai loro inizi la componente metal prevale assai sul resto del discorso, vedi “The Killing Of America”, con tanto di cassa doppia e assolo tamarro, o “Bootlicker”, in cui sembrano degni epigoni degli Slayer. Altrove si tende a mescolare meglio le carte con incursioni su territori noise, sempre in chiave ritmica, sconfinando in alcuni casi nella power electronics. “The Lost”, al contrario, rappresenta l’episodio più facile del disco, in cui pare di sentire i Cold Cave con John Lydon alla voce. Per il resto, dovendo trovare una pietra di paragone, non si può evitare di fare riferimento alla musica degli Atari Teenage Riot.

Forse a livello di soluzioni Wake In Fright rimane una spanna indietro rispetto a Perfect World, l’album degli Uniform uscito nel 2015, un lavoro notevolmente più complesso in cui si tendeva ad una maggiore compenetrazione, peraltro riuscita, di generi e stili. Qui, invece, Greenberg e Berdan la buttano su di uno stile semplice e diretto, magari più fruibile, ma di certo meno originale.