Una persona (Lingua Ignota live a Rough Trade, Bristol, 2/10/2019)

Le mie riflessioni sul fenomeno

Il primo selfie della californiana Kristin Hayter su Instagram è di circa sei anni fa. “Una persona” e il suo viso, nient’altro. Rosso è il colore dominante di questa foto, rossi sono i capelli, rossa è l’atmosfera tutta intorno. Quel tipo di rosso che si vede dopo un incendio, quasi autunnale. Non puoi vedere che occhi ha questa Kristin da quella prima foto, possono benissimo esserci solo i buchi delle orbite, due piccole caverne. Nessun segno di vita sul suo viso, nessuna espressione. Trenta like. I rari post prima di questa foto sono invece solo paesaggi, e portano a casa tre like, cinque like, zero like. Non è difficile immaginare che almeno venticinque di questi like siano di maschietti in cerca di gente nuova da chat e da incontri, quella roba robotica tipo la condanna al divertimento il sabato sera.

In quel periodo Kristin è quella che tre anni dopo sarebbe diventata Lingua Ignota, un progetto/processo esoterico/esorcista-esorcizzante/desert island/fuga da Alcatraz. In quel periodo sta nell’ennesima bufera di un rapporto sentimentale tormentato e agitato, come in una buca profonda. Kristin non ha colori vivi, non sente colori pastello dentro, e i primi due dischi di Lingua Ignota sono ovviamente solo bianco e nero.

La mattina che precede il suo live bristoliano sento dentro di me il desiderio di trovarmi faccia a faccia con lei e farci due chiacchiere. Arrivo e la vedo come un gattino in una stanza nuova che si aggira lentamente annusando e tastando libri e dischi dello store organizzatore dell’evento. Piccolina, lunga treccia di capelli, un amore. Non dà l’impressione di essere a suo agio in situazioni inaspettate e fuori dal suo controllo, ma con me è gentilissima anche se il suo corpo resta frontale al mio solo per pochi secondi, quel tipo di body language da persona introversa e che fa da scudo a se stessa con una spalla, mentre con l’altra è protesa verso vie di possibili salvezza/riparo. Grandi occhi verdi, ci vedi un mondo dentro da vicino. Poi guardo la foto fatta insieme nel mio smartphone e vedo che sono invece scuri, quasi neri, solito telefono cinese di m… o invece l’ultimo Android ha pure un software che scannerizza chi ha perso l’anima?

Ho scoperto Lingua Ignota solo un paio di mesi fa, appena uscito Caligula. Un commesso appena mi vede un venerdì mattina che puntuale come un treno (inglese) frugo tra le novità, mi fa ciao cazzone, lo so che sei tipo da elettronica e cose sperimentali, ma questo che sta nel reparto metal è una bombissima e sono sicuro che ti piacerà. Lui fa pure parte di un gruppo musicale che si chiama Fever 103, un recente progetto industrial che con la bravissima Ellen Southern apre la serata di L.I., ma che per ora lascio in stand-by perché deve ancora trovare una propria identità: le buone intenzioni e la base culturale per farne un duo interessante però ci sono. La Kristin di Caligula è il cavallo nero che galoppa tra le nostre teste e le nostre coscienze. Nei suoi post su Instagram, successivi a quel primo selfie di sei anni fa e prima della “luce” di questo travolgente tour europeo da solista – sold out ovunque al ritmo di venti tappe al mese – erano e sono spaventosi, si vedono le sue gambe massacrate di lividi, da bruciature, colpi, percosse, cadute. Con i corpi delle persone ci lavoro tutte le notti, di un livido o di un graffio vi posso dire quando dove e come sono accaduti e con buona precisione, e pure se sono causati dalla persona stessa per incidenti, auto-punizioni, incontrollabili attacchi nervosi o da altre persone. Ho salvato anche il mio posto di lavoro per queste cose; se un mio paziente cade e si rompe o muore bisogna risalire con certezza e precisione assoluta a quando e con che infermiere o assistente medico è successo.

L’esibizione

Lingua Ignota

Lingua Ignota vive l’Amore come un’eterna lotta tra la luce e il buio, tra il silenzio e il rumore atroce, immolando il proprio corpo. Dove sono ora tutti i suoi followers che hanno seguito e messo magari un sacco di like anche a quelle foto? Sono magari accanto a me pure stasera? Nessuno di loro ha mai sospettato nulla? Ciao Kristin, metti queste foto personali scrivendoci scuse molto deboli e canti, anzi urli piangendo ‘proteggetemi e salvatemi dall’uomo violento!’ nei tuoi primi due dischi, metto un like perché mi piaci. Sono troppo banale se dico che è un mondo di merda? Ok, cari followers, non preoccupatevi: ora il booklet di questo terzo lavoro di Kristin è per la prima volta pieno di luce e di colori, anche sul suo viso, quindi vuol dire che finalmente sta bene, no? Col cazzo…

Il set del live è essenziale ma di grande impatto, solo pezzi da Caligula, un laptop, alcuni fari che sono in mano sua per poter finalmente gestire luce e tenebre come lei desidera, non come nella sua vita sentimentale (fidanzato arrestato per ripetuta violenza domestica nei suoi confronti, mica cazzatelle). E la voce… quella voce. 2001, live di Meira Asher. 2005, live di Diamanda Galás. Siamo in quei territori là con questa voce. Su disco spacca e ti toglie le mutande dalla testa, ora qua a un metro da me mi manda in tilt e siamo tutti in apnea. Davanti ho una coppia di gay, uno dei due sta impietrito e l’altro gli dà dei bacetti su un orecchio come a dirgli con me non succederà mai tutto questo, te lo prometto, mezzo metro dietro di me un ragazzo con gli occhi sbarrati osserva la sua fidanzata che guarda Kristin come se fosse esattamente l’amica del cuore a cui ha confidato cose simili. Io piango tre volte. Non mi era mai successo, a parte quando piansi a un concerto di Vasco… ma lì era per i prezzi dei biglietti, un regalo di compleanno alla mia donna di allora.

Vengo da una famiglia direi perfetta ed invidiabile, zero problemi di violenza, alcool, droghe, abusi… Però lavoro con malati e homeless, so di certe storie di vita vera. Caligula è tutto questo e molto di più. Lei più urla dolore e disperazione e più fa emergere una voglia e una determinazione che sanno di rivincita e di vittoria finale. La splendida recensione di Lucrezia vi dirà tutto quello che dovete sapere su questo disco da top-ten di ogni lista di fine anno. E pensare se Kristin fosse in una serata di forma normale… invece nel primo post dopo questo live scrive che si scusa per aver cantato male, un’ottava sotto, per i problemi tecnici avuti col cavo del microfono… Io so solo che se voglio la perfezione tecnica vado all’auditorium a vedermi un ensemble di musica classica, puttana eva, ma una volta tornato a casa mi chiedo: che cazzo di energia e di emozioni mi ha trasmesso questo live? 

Alla fine della sua performance lei spegne tutto di botto e non esce dal suo guscio/teatro che si è costruita sul palco con un telo e un faro per cantare di sé quando è eterea come un sogno, e quando diventa un gioco d’ombre cinesi mostruoso come il suo peggior incubo di violenze senza tempo. Passano molti minuti, tutti sono usciti dopo aver capito che non ci saranno bis, lei esce e raccatta le sue cose come uno di noi in palestra a fine allenamento. Anche oggi è morta per noi, anche oggi ha marchiato a fuoco la sua voglia di vivere.

Non ho mai visto un uso cosi “punitivo” della luce (e dei cavi) come fa lei coi suoi fari con cui simula torture al buio e a se stessa. Dall’alto verso il basso la “sua” luce la schiaccia e la annienta dal basso verso l’alto, sputa la sua voce al cielo e ne fa una vittoria inattaccabile.

Un giorno Papa Giovanni Paolo I disse: Dio è Padre, ma è pure molto di più, è Madre. Ecco, non si sa se un giorno Kristin diventerà madre, ma se ascolti bene ed entri nella sua musica specie quando lei ora fervente cattolica tratta del dualismo tra Satana e Dio, mi viene da dire che Dio è donna di sicuro. O almeno credo…