TURANGALILA, Cargo Cult [+ full album stream]

Ascoltare i Turangalila provoca sensazioni strane: io l’ho trovato un po’ come passeggiare sul ghiaccio dell’Antartide. Non che io l’abbia mai fatto davvero, ma ho una buona fantasia: eccoti lì, un puntino insignificante su una muraglia bianca che, da un momento all’altro, può franare nell’oceano e trascinarti con sé. E non è un caso se sulla copertina del nuovo album Cargo Cult appaiono imponenti masse di ghiaccio in bilico sulle scure acque sottostanti.

Siccome alla fin fine parliamo di acqua allo stato solido, ecco che la musica del quartetto barese passa con naturalezza dai riff pachidermici della prima traccia “Omicidio E Fuga” alle più sommesse atmosfere di “Dont’ Mess With Me, Renato” e “Tone Le Rec”. A dimostrazione di quanto sia capriccioso l’elemento con cui ci stiamo misurando, il pezzo vira improvvisamente verso lidi heavy-psych, squassato da strutture schizofreniche, tempi stortissimi e ritmiche spezzate.

Cargo Cult sembra una metafora della vita: qui nulla è statico, tutto è impegnato in una costante mutazione, e dobbiamo imparare a godere dei rari momenti di quiete a noi concessi. Mai titolo fu più azzeccato per “Liquidi E Spigoli”, con i suoi tempi dilatati e il cantato leggero che finiscono per deformarsi e accartocciarsi in destrutturazioni math-rock spalmate su ritmi allucinati degni dei Battles di Mirrored. La traccia titolo “Cargo Cult” si snoda tra passaggi post-rock e accelerazioni impetuose, per poi infrangersi sulla sua controparte post-metal “Cargo Cult Coda”, una sorta di tamponamento a catena tra Godspeed You! Black Emperor, Neurosis e Mogwai. Chiude la lunghissima e travolgente “Die Anderen”, probabilmente messa lì per dare il colpo di grazia ai pochi sopravvissuti.

Bisogna ammettere che i Turangalîla il loro nome, tratto dall’omonima sinfonia di Oliver Messiaen, se lo sono scelti bene: è l’unione di due parole che in sanscrito, lingua dalle molteplici sfumature, a seconda del contesto può significare canzone d’amore, inno alla gioia, tempo, movimento, ritmo, vita e, allo stesso tempo, morte. E devo ammettere che la loro musica è impetuosa come l’amore e incontenibile come la vita, sempre in lotta con il proprio opposto, ma pronta a fondersi con esso.