THE RIVEN, Blackbird

Per favore, evitate di confondere la band in questione con il sestetto nu-meRdal californiano (una di quelle band che attaccano sbraitando come cinghiali satanici e nel giro d’un paio di strofe, in preda a chissà quale crisi mistica, ma giusto in tempo per il ritornello, si tramutano in una papa-boy-band sentimentale e smielata… avete presente?), perché in questo caso trattasi di un quartetto hard-rock londinese d’ispirazione late 70’s (tanto per cambiare!), giunto all’esordio con un ep autoprodotto contenente cinque tracce.

In barba a ogni logica e strategia adoperata dal gruppo per compilare la tracklist, ho iniziato l’ascolto dall’ultimo pezzo in scaletta, “One Last Time”, semplicemente perché indicato come singolo che ha preceduto, destando un certo interesse, l’uscita di Black Bird. Successivamente mi sono sparato “Ain’t No Doctor” e le rimanenti tre canzoni in ordine casuale. Niente male, devo ammettere.

I quattro inglesi citano tra le principali influenze Deep Purple, Rush e Grand Funk Railroad, mentre come riferimenti contemporanei Blues Pills e Graveyard. Io direi che tra Grand Funk e Blues Pills ci potremmo anche stare, senza comunque scartare del tutto gli altri nomi.

Esordio promettente, non v’è dubbio. Avanti tutta!